L’Occidente ha accettato una sorta di monopolio da parte di Mosca e ne subisce oggi le conseguenze
Guai a umiliare Putin. Lo ha pubblicamente ribadito il rieletto presidente francese Emmanuel Macron. Con riferimento a un’eventuale sconfitta militare russa in Ucraina. Esito, in realtà, ancora assai ipotetico, visto come sta procedendo il conflitto: con la Russia che comunque ha già conquistato il controllo di un quinto del territorio del Paese invaso, che di questo passo annetterà la parte del Donbass che produce oltre il 40 per cento della ricchezza ucraina (materie prime e grandi agglomerati industriali), con la penisola di Crimea già acquisita manu militari otto anni fa, e a cui non manca molto per occupare le coste del Sud e impedire completamente a Kiev l’accesso ai mari (Azov e Nero), vitale per il futuro dell’economia ucraina. Se questa è la prospettiva finale – con il suo alto prezzo di vite umane, di città rase al suolo, di milioni di profughi espatriati – di quale umiliazione si sta parlando?
In realtà, la teoria della volontaria e accanita mortificazione della "Madre Russia", esercitata dall’Occidente dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, è il comodo mantra a cui il neozar ha fatto spesso ricorso per giustificare la sua politica imperiale ed espansionistica. Disinvoltamente utilizzato a piene mani anche da chi, negli Stati Uniti e in Europa, e spesso nel fronte pacifista (spesso pro-putiniano a sua insaputa), ritiene che l’autocrate russo abbia avuto le sue ragioni rispondendo con un’aggressione alle provocazioni della Nato e della ‘decadente’ e ‘immorale’ democrazia dei nostri Paesi: colpevoli oltretutto di esercitare un ‘obsoleto’ modello liberale a cui il Cremlino contrappone i benefici dell’euro-asiatismo, su cui pretende di riedificare una parte del proprio impero.
L’assurdo è che la tesi della "Russia umiliata" continui a circolare anche di fronte all’odierna incontrovertibile realtà degli aspetti e delle conseguenze economiche della tragedia ucraina. Come si concilia infatti la presunta mortificazione dell’ex impero quando da questa parte del continente si è tutti col cappio al collo della ricchezza energetica russa? L’Europa si è legata mani e piedi all’importazione di gas e di petrolio russi, nonché di prodotti per e dell’agricoltura; certo anche per comodità e interesse, l’Occidente ha accettato una sorta di monopolio da parte di Mosca; ne subisce oggi le conseguenze, e l’affannosa ricerca di fonti e mercati alternativi; situazione che oltretutto ha favorito i ritardi della troppo lenta transizione energetica. Con la guerra il tutto è ancor più evidente, anche se per il Cremlino rischia di essere transitorio: nonostante un embargo per ora solo declamato, la Russia continua a incassare molto dalla vendita dei suoi idrocarburi: 800 milioni di franchi al giorno, con un aumento dell’8 per cento rispetto all’anno scorso.
Per un paio di decenni, un vantaggio reciproco. Semmai il problema è che Mosca ha utilizzato male le casse che ogni anno si riempivano di euro e dollari. La Russia di Putin – non diversificando abbastanza la propria economia – non sta meglio della Russia pre-Putin, salvo gli investimenti per il proprio esercito. In ‘Ucraina anno zero. Una guerra tra mondi’, lo storico dell’economia Giulio Sapelli la riassume così: "È diventa una nazione sottosviluppata che vive dell’esportazione di materie prime; per quanto riguarda le tecnologie dipende ormai completamente dall’estero; ed è indebolita da un’impressionante crisi demografica, che contribuisce ad aggravare il senso di accerchiamento e isolamento…". Quindi, altro che Russia umiliata dall’Occidente. Mortificata, semmai, dalla propria leadership. E dai suoi istinti imperiali.