Forse un primo passo per vincere qualche resistenza del fronte no-vax sarebbe quello di ripristinare la gratuità dei test diagnostici
L’unica alternativa a nuovi lockdown si chiama Covid pass. Sembra essere questa, in estrema sintesi, la conclusione alla quale è giunto ieri il Consiglio federale. In effetti il governo ha deciso di non attendere oltre e di estendere a partire da lunedì prossimo l’uso obbligatorio del certificato Covid praticamente a tutte le attività al chiuso: bar, ristoranti, musei, teatri, palestre, piscine. Questo per evitare, appunto, di dover attuare misure più restrittive, come successo lo scorso autunno.
Nel frattempo in Ticino anche il Consiglio di Stato si è mosso, decidendo l’obbligatorietà di eseguire test regolari al personale sanitario non vaccinato e adottando l’uso del certificato per i visitatori di cliniche e ospedali. Nelle scuole, poi, il governo cantonale ha mantenuto l’obbligo delle mascherine in aula per i docenti e per gli allievi delle Medie non vaccinati almeno fino alle vacanze autunnali.
Alla base delle decisioni governative, sia a livello federale che a livello cantonale, vi è la volontà di evitare il sovraccarico delle strutture sanitarie, alle prese con una situazione particolarmente tesa nei reparti di cure intense: ad oggi circa l’85% dei letti in terapia intensiva è occupato. Tra le persone ricoverate “che lottano per la propria sopravvivenza”, ha ribadito ieri il consigliere federale Alain Berset, nove su dieci non sono vaccinate. Ed è per questo che le autorità hanno rinnovato con determinazione l’appello affinché più persone si vaccinino il più rapidamente possibile.
Ma lo sappiamo: il vaccino non fa l’unanimità. È un dato di fatto che sarebbe imprudente ignorare di fronte a circa metà della popolazione non ancora vaccinata, tra cui diversi apertamente contrari all’inoculazione del siero. A livello sociale poi si accentua sempre di più la spaccatura tra pro-vax e no-vax.
Lontani restano i primi tempi della pandemia, quelli degli applausi al personale sanitario dai balconi e delle catene di solidarietà spontanea per assistere le persone anziane. Oggi invece lo scenario è tutt’altro, quasi di scontro aperto tra due fazioni.
Questo “dialogo tra sordi”, come scriveva ieri su queste colonne la consigliera nazionale Greta Gysin, non è di certo la via che ci permetterà di proteggerci in modo efficace dal virus, e tanto meno di lasciarci alle spalle la pandemia. Il Covid pass è un valido strumento di prevenzione, ma probabilmente è poco adatto a convincere le persone più scettiche a vaccinarsi. Ed è pure vero ciò che afferma il presidente della Confederazione, Guy Parmelin: “I titolari del pass avranno vantaggi notevoli rispetto alle persone che ne sono sprovviste”.
Forse un primo passo per vincere qualche resistenza del fronte anti-vaccino sarebbe quello di ripristinare la gratuità dei test diagnostici. E così garantire la parità di trattamento a tutte le persone di fronte all’estensione dell’uso del certificato. Ricchi e poveri, vaccinati e non.
In fondo è una regola d’oro per qualsiasi processo di mediazione tra due posizioni in netto contrasto: l’altra parte deve sentirsi ascoltata e rispettata nella sua scelta, pure quando non la si condivide, nonostante la sua irragionevolezza e pericolosità. Soltanto da lì in poi ci potrà essere la possibilità di costruire un vero dialogo, che metta al centro la necessità di agire insieme come collettività per porre fine a questo flagello.