Commento

Roger Federer, un vincente per sempre

"Triste", "doloroso", "patetico: non sono mancati i commenti, anche duri, dopo la sconfitta a Wimbledon. Ma un campione è tale solo se porta a casa la coppa?

Roger Federer saluta Wimbledon
(Keystone)
8 luglio 2021
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Dovrebbe valere in ogni ambito della vita, non unicamente nello sport. “If you can meet with Triumph and Disaster, and treat those two imposters just the same…”.

Saper gestire allo stesso modo successi e sconfitte vale, eccome, per Roger Federer dopo lo smacco di Londra che, per voce e tastiera di molti, sa di viale del tramonto inesorabilmente imboccato. Se non proprio un'umiliazione, un'uscita di scena malinconica; stando al partito di chi ritiene che il campione diventato leggenda giocante, dovrebbe essere felice pensionato da tempo ormai. 

Non è la prima volta, che la celeberrima frase del poeta Rudyard Kipling sopra l'entrata del Centre Court, calza a pennello per Federer. Sull'adorata erba ha colto alcuni dei più bei successi, ma è pure andato incontro a delusioni cocenti. Ultima in ordine di tempo, il titolo sfumato per un 15 nel 2019 contro Djokovic. Gli erano bastati alcuni giorni, aveva poi detto, per voltare pagina. Al contrario di non pochi tifosi, che al solo pensiero delle due occasioni sciupate col suo servizio, ancora perdono il sonno.

Anche stavolta saprà trattare il "disastro" così come va e ha trattato il "trionfo"; qualunque cosa ciò comporterà. Chiudere una carriera in cui da umano è trasceso a essere metafisico; o proseguire, spinto dallo sconfinato amore per questo sport. La scelta appartiene a lui. Poi libero il tifoso di appoggiarla e continuare a sostenerlo, o meno.

L'uscita di scena a Wimbledon, più che Federer stesso pare aver mortificato parte del popolo tennistico, che ai social ha affidato la delusione con commenti dal "triste" al "doloroso" fino al "patetico". Una reazione comprensibile, se figlia della 'paura' data dalla presa di coscienza che, davvero, l'era del tennis dopo RF è imminente. E però un po' ingenerosa. Come se un campione fosse tale solo se vincitore (di coppe, ché a un quarto di finale Slam noi terrestri possiamo arrivare solo dal divano). Come se volontà, tenacia, forza, sacrificio, umiltà, lavoro per tornare a essere competitivo a quella età (e con quel palmarès), non fossero anch'essi dimostrazione di eccezionale grandezza, motivo d'ammirazione e fonte d'ispirazione. Potrebbe giocare fino a 98 anni, Roger. Lo farebbe spinto da un amore, che da infuocata passione giovanile è diventato maturo e solido. Per questo, trofei o no, sarà sempre un vincente.