Per molti, se una battuta non ci fa ridere, non deve ridere nessuno. Ma per il comico Ricky Gervais "se ti senti offeso, non è detto tu abbia ragione"
Non ringraziamo mai abbastanza, nemmeno ora che - dopo oltre un anno di pandemia - siamo diventati tutti più buoni. Invece dovremmo ringraziare il critico televisivo Aldo Grasso, la figlia di mutti e papà Aurora Ramazzotti, il politico del Ppd Marco Romano e tutte le altre migliaia, milioni di persone che sacrificano il loro tempo e le loro parole per dirci cosa ci deve fare ridere e cosa no. Quelli che si offendono per una battuta, anche per noi. Che gentili.
Metti che poi ascoltiamo una battuta e ci scappa da ridere. No, loro non vogliono farci fare brutta figura. Ci avvisano prima, così lo sappiamo e non ridiamo. E se proprio - cattivi come prima della pandemia - abbiamo riso, possiamo vergognarci per la nostra insensibilità. Siamo brutte persone, noi e i comici. Loro no: non sono noi e non sono comici. Però sanno quel che nemmeno noi e i comici sappiamo.
Nel suo spettacolo "Dark", lo scozzese Daniel Sloss scherza sulle disabilità della sorella morta in giovane età: alcuni s’indignano e ci tengono a farglielo sapere. Lui risponde: “La sorella è la mia, le risate che mi facevo con lei sono mie”. Ma altri decidono, per lui e per la sorella. Il comico del momento, Ricky Gervais, che fa ridere e commuovere con "After Life" - serie tv su un aspirante suicida - va ripetendo che “solo perché ti senti offeso, non vuol dire tu abbia ragione”. Eppure, mentre molti ticinesi ridevano per il ritratto dei ticinesi del comico franco-portoghese David Castello-Lopes, il politico Marco Romano si è preso il disturbo di spiegarci perché non faceva ridere.
Sul Corriere della Sera, Aldo Grasso è stato ancora più perentorio: “Perché la tiritera di Pio e Amedeo non ha fatto ridere e Checco Zalone con 'La Vacinada', invece sì”. "Ci" o "non ci" ha fatto ridere. A tutti. Anche se non li abbiamo visti, anche se magari Zalone non ci fa ridere. Dall’altra parte della barricata, gli scandalizzati dalla canzone del comico a cui il premio Oscar Helen Mirren si è prestata “ma solo perché le hanno tradotto male il testo, sennò non avrebbe partecipato”. Siamo al paradosso: non solo c'è chi spiega all'attrice cosa avrebbe dovuto fare, ma anche cosa non avrebbe capito.
Poche settimane fa Michelle Hunziker ha mimato gli occhi a mandorla imitando maldestramente i cinesi con la nonchalance tipica dell’avanspettacolo del secolo scorso ed è stata ipercriticata, ma non dalla figlia Aurora Ramazzotti. Tale Aurora Ramazzotti, evidentemente omonima, si indigna per il controverso monologo sull’eccesso di “politicamente corretto” di Pio e Amedeo: tesi espressa in modo zoppicante, ma che scagionerebbe anche mamma Hunziker. Discutibile? Forse. Evitabile? Certo. Nell’epoca delle tv on demand basta cambiare canale. Invece lei: “Questa cosa che si continui ad avere la presunzione di decidere cosa sia offensivo per una categoria di cui non si fa parte e di cui non si conoscono le battaglie, il dolore, le paure, il disagio, la discriminazione, rimane a me un mistero irrisolvibile. Mi dispiace, ma dovevo dirlo”. Le dispiace, ma doveva dirlo. Solo che noi non volevamo sentirlo. Si vede che del dolore, del disagio, della discriminazione dei cinesi le frega meno che delle paturnie di altri, a lei più vicini.
E rieccoci al punto di partenza. Miss Ramazzotti e gli altri guardiani della risata hanno la presunzione di decidere cosa sia offensivo contestando chi - secondo loro - ha la presunzione di decidere cosa sia offensivo. In pratica, per avere ragione si danno torto da soli. Ci sarebbe da ridere. Non fosse che dobbiamo chiedere il permesso a qualcuno per farlo.