L'estensione della norma antirazzismo all'orientamento sessuale in votazione il 9 febbraio intende porre dei limiti all'intolleranza
La libertà di espressione deve veramente essere interpretata come il diritto di dire pubblicamente tutto ciò che si vuole? Direi di no. Certo, è fondamentale per il funzionamento di una democrazia, perché permette alla popolazione di ascoltare varie opinioni diverse su un determinato argomento per poi farsi un’idea su come votare o chi eleggere. E infatti la libertà d’opinione (articolo 16) è uno dei diritti fondamentali inscritti nella Costituzione federale. Quest’ultima prevede però anche la possibilità di limitarli, i diritti fondamentali. Ma solo se vi è un interesse pubblico o per proteggerne altri. E il primo diritto fondamentale sancito dalla Costituzione (articolo 7) è la dignità umana, che “va rispettata e protetta”.
L’estensione della norma penale antirazzismo all’orientamento sessuale, in votazione il 9 febbraio, vuole proprio fare questo: proteggere la dignità anche delle persone omosessuali e bisessuali. Come? Rendendo sanzionabile l’incitamento all’odio e alla discriminazione a danno di queste comunità.
Anche se vi sono omosessuali stessi che si oppongono a questa nuova norma – perché non vogliono alcuna ‘protezione speciale’ che li raffigurerebbe come ‘deboli’ –, le aggressioni sia fisiche, sia verbali nei loro confronti sono un dato di fatto. Inoltre, con l’avvento di internet e la diffusione dei social media, i cosiddetti ‘leoni da tastiera’ si sono moltiplicati a dismisura, seminando in rete odio nei confronti di tutto e tutti. Oltre ad essere un problema di per sé, perché non permette di risolvere problemi ma ne genera di nuovi, l’odio è solo il primo passo che poi porta alla violenza fisica, come sostengono i favorevoli alla modifica legislativa (ovvero Consiglio federale, parlamento e tutti i maggiori partiti, tranne l’Udc). E infatti capita sovente di venire a sapere di pestaggi a danni di persone omosessuali.
Insomma, non stiamo parlando né di battute, più o meno spiritose, né di opinioni, più o meno condivisibili, ad esempio sull’opportunità di concedere alle coppie gay di sposarsi o di adottare un bambino. Stiamo parlando di denigrazioni che ledono la dignità umana espresse pubblicamente e intenzionalmente con lo scopo di generare odio nei confronti della comunità omosessuale o bisessuale. Discriminazioni che oggi sono punite dal codice penale, ma solo se sono basate su ‘razza’, etnia o religione. Con la nuova norma diventerebbe quindi sanzionabile, non solo chi afferma, ad esempio, che tutti i neri, tutti gli ebrei o tutti i musulmani sono assassini, ma anche chi dice che tutti gli omosessuali sono stupratori.
C’è chi sostiene che spetti alla società e quindi a ogni singolo cittadino giudicare le opinioni (anche se estreme e non fondate su ragioni obiettive) degli altri e non ai tribunali. E ciò è legittimo. Il problema sorge quando la società non riesce da sola a evitare che le esternazioni omofobe sfocino in violenza e intolleranza. In questi casi ci si chiede quindi se non sia appropriato porre dei limiti. E questo per garantire una buona convivenza di tutta la popolazione, puntando sul rispetto e sulla tolleranza. Valori che, nonostante tutto, la società in cui viviamo cerca di difendere.
La libertà di espressione è dunque sì un diritto fondamentale, ma non ha valore assoluto. E quando in ballo c’è la protezione di una minoranza troppo spesso disprezzata e denigrata senza motivo, allora ci si deve chiedere seriamente in che società vogliamo vivere: in una che non sanziona chi discrimina persone cosiddette ‘diverse’ (da chi, poi?) o in una che mette al primo posto il rispetto della dignità umana?