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‘C’è una sorta di epidemia d’interventi su partorienti sane’

Aumenta la sovramedicalizzazione, 'con costi e rischi di traumi annessi’ sostiene Geiler Caroli di Nascere Bene. I punti di vista di varie professioniste

(Imago)
14 febbraio 2025
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«Purtroppo, benché la gravidanza e il parto non siano una malattia, il loro accompagnamento – anche nei casi a basso rischio che secondo l’Ufficio federale della sanità pubblica in Svizzera sono il 90% del totale – va sempre più nella direzione della sovramedicalizzazione. Questo genera costi enormi e inutili nell’ambito della sanità, e contribuisce in parte anche a lasciare quei ricordi traumatici che tre neomamme su dieci affermano di serbare del proprio parto». A sostenerlo è Delta Geiler Caroli, una delle fondatrici dell’associazione ‘Nascere Bene Ticino’ e giornalista laureata in Scienze economiche, cui sta a cuore migliorare l’esperienza del parto ma anche limitare i costi della sanità. Statistiche ufficiali alla mano, Geiler Caroli evidenzia come in Ticino nel 2022 il 22% dei bambini è nato con un cesareo programmato e un ulteriore 12% con un cesareo d’urgenza per un totale del 34%. Più nel dettaglio si nota un’importante distinzione tra maternità pubbliche (Eoc) in cui i cesarei sono stati il 29% e cliniche private ticinesi con il 41%. Nello stesso anno il 39% dei parti è iniziato con un’induzione per avviare il travaglio. Considerando anche l’utilizzo della ventosa e quello molto più raro del forcipe, i parti in cui non si ricorre a tali metodi risultano in diminuzione: dal 2010 al 2022 sono passati nel pubblico dal 41 al 32% e nel privato dal 40 al 28%. Ne consegue che solo un terzo dei parti è avvenuto senza uno dei citati interventi medici, ma non per forza senza, ad esempio, un’episiotomia (incisione chirurgica del perineo).


FONTI: STATISTICA MEDICA FEDERALE MS, ELABORAZIONE UNITÀ STATISTICHE SANITARIE DSP, DSS; ASSOCIAZIONE NASCERE BENE TICINO / INFOGRAFICA LAREGIONE

Le raccomandazioni dell’Oms

«Fermo restando che ogni donna deve poter scegliere liberamente e con cognizione di causa il tipo di parto secondo le proprie motivazioni personali – premette Geiler Caroli –, siamo di fronte a un’elevata proporzione di interventi medici praticati su donne sane in contrasto con le varie raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)». Nello specifico l’Oms raccomanda il cesareo solo su precisa indicazione medica che è giustificata nel 10-15% dei casi. Mentre l’induzione del travaglio non dovrebbe mai essere praticata per convenienza ma riservata a specifiche condizioni mediche e in nessun’area geografica dovrebbe avere tassi superiori al 10%. Ben cosciente di quanto sia «indispensabile e prezioso l’intervento medico nei parti ad alto rischio e in caso di complicazioni», Geiler Caroli ritiene che per le gravidanze a basso rischio «questa forma di sovramedicalizzazione possa contribuire al citato 30% di ricordi traumatici del parto rivelati da uno studio dell’Ospedale universitario di Losanna ‘Le trouble de stress post-traumatique lié à l’accouchement’ nonché dalle 1’300 risposte all’indagine di ‘Mamma Nascita Libertà’ lanciata in Ticino da Angela Notari».


FONTI: STATISTICA MEDICA FEDERALE MS, ELABORAZIONE UNITÀ STATISTICHE SANITARIE DSP, DSS; ASSOCIAZIONE NASCERE BENE TICINO / INFOGRAFICA LAREGIONE

Una questione culturale

Una situazione contraddistinta da una sorta di «epidemia di interventi», la definisce Geiler Caroli, «che si spiega col fatto che nella nostra cultura c’è la convinzione che gravidanza e parto siano una questione prettamente sanitaria. La maggior parte delle donne crede sia un obbligo, o comunque preferibile, rivolgersi esclusivamente a un medico-ginecologo quando è incinta. La legge invece prevede la possibilità di rivolgersi a una delle due figure professionali competenti per l’accompagnamento delle gravidanze a basso rischio, quella del medico o quella della levatrice indipendente. E sempre per le gravidanze a decorso fisiologico la legge prevede la libera scelta del luogo del parto: domicilio, casa per partorienti o ospedale, sotto la responsabilità di una levatrice oppure di un medico. Nonostante questa possibilità di scelta che richiede comunque una buona collaborazione fra la levatrice e il medico per le ecografie e certi esami particolari, la maggior parte delle gravidanze è seguita quasi esclusivamente sul piano medico come almeno il 95% dei parti. Infatti vige la credenza che un parto extra o persino intraospedaliero assistito dalla levatrice sia meno sicuro di un parto medicalizzato. Le evidenze scientifiche dimostrano invece che non c’è differenza, anzi, un parto naturale comporta meno interventi e più soddisfazione quando avviene in una situazione di grande intimità, libertà e fiducia».

Lo scenario attuale implica spese ingenti, lamenta Geiler Caroli: «Il parto ospedaliero costa almeno il doppio rispetto a un parto in casa nascita – stima –. E ancora di più se è cesareo. Il cesareo programmato è in rapido aumento forse anche perché, contrariamente al parto spontaneo o a un cesareo di emergenza, permette di pianificare l’uso delle sale operatorie e di limitare l’assenza del ginecologo dal suo studio. Forse le cose cambierebbero se il cesareo programmato fosse fatturato come un parto naturale. Notevoli sono verosimilmente anche le differenze nei costi fatturati dalle due diverse figure professionali – medici e levatrici – per tutte le visite e gli esami durante la gravidanza e dopo il parto».

Alternative percorribili?

Ridurre la sovramedicalizzazione e i costi secondo la giornalista ed economista oltre che auspicabile è possibile e il primo passo da fare è distinguere meglio tra casi a basso e ad alto rischio. «Nella pianificazione ospedaliera ha senso concentrare i secondi in una o due strutture ma per i primi è importante avere dei punti nascita distribuiti sul territorio. Anzitutto perché così si permette a chi lo desidera di iniziare un travaglio spontaneo a domicilio e di arrivare in tempo nel punto nascita senza rischiare di partorire nel tragitto. In Svizzera ci sono alcune maternità che invece di chiudere si sono convertite in case nascita. Oppure, come a Frutigen nel Canton Berna, in reparto di maternità ospedaliero dove si può partorire solo con la propria levatrice di fiducia/aggiunta, indipendente ma accreditata, e dove si può contare sempre su un ginecologo che interviene in caso di necessità e per i cesarei o l’anestesia peridurale. Pensando a una zona come il Mendrisiotto con le sue valli discoste, nel caso dovesse venir dismesso il reparto maternità dell’ospedale com’è stato più volte ventilato, l’esempio di Frutigen potrebbe essere una variante interessante per non dover far riferimento con notevoli svantaggi solo al Civico o al Sant’Anna di Lugano».

Tra le richieste dell’Associazione ‘Nascere Bene’ c’è d’altronde quella di reintrodurre la possibilità di partorire presso gli ospedali con la propria levatrice di fiducia, sistema offerto da 34 strutture in Svizzera. «È un approccio complementare a quello della medicina – commenta Geiler Caroli –. Se il medico si occupa di tutto quanto può esserci di patologico, la levatrice cerca di rafforzare i meccanismi fisiologici per cui il corpo è programmato. È quindi indispensabile la collaborazione tra le due figure professionali che non dovrebbero mai essere contrapposte».

La ginecologa

‘Servono discussioni trasparenti coi genitori’

Un approccio collaborativo che anche alle nostre latitudini, almeno in parte, alcuni medici cercano di adottare, come Roberta Decio, che fa parte del comitato di ‘Nascere Bene’ ed è specialista in ginecologia e ostetricia presso uno studio privato a Mendrisio, oltre ad avere esperienza in ambito ospedaliero. Decio segue le sue pazienti in gravidanza in parallelo con una levatrice: «Lo faccio solitamente dopo le 20 settimane, quando la presenza del bambino diventa più percepibile. Questo approccio non è ancora la prassi, ma sempre più colleghi si avvalgono dell’ostetrica a cui affidano delle visite, anche se poi non potrà essere lei a seguire il parto in ospedale. Il messaggio che mi piacerebbe far passare – evidenzia Decio – è che un parto fisiologico senza intervento medico è possibile pure in un ambiente ospedaliero». Tuttavia anche la ginecologa conferma un aumento della sovramedicalizzazione in particolare per quanto riguarda i tagli cesarei, utilizzati molto più di quanto raccomandato: «C’è una differenza tra le diverse strutture, ma dipende anche tanto dalle pazienti che talvolta esigono un cesareo programmato per comodità o perché non conoscono i benefici di un parto fisiologico o semplicemente non li ritengono così importanti. Notiamo anche molti ri-tagli cesari, nel senso che chi ha già partorito in questo modo quando aspetta un nuovo figlio è orientata quasi in automatico verso la stessa pratica nonostante abbia il 60% circa di possibilità di partorire in modo fisiologico».

Per quanto riguarda l’induzione del parto, «si tratta di una pratica che ha come scopo di ridurre la mortalità sia materna che fetale, e necessita una indicazione medica. Ci sono indicazioni chiare in gravidanze ad alto rischio, penso per esempio alla gestosi, dove l’induzione è assolutamente consigliata. In generale dopo le 41 settimane e 3 giorni di gravidanza insorge un rischio, anche se molto basso, di morte endouterina, che l’induzione aiuta a scongiurare», specifica Decio, aggiungendo che un’induzione del parto «dovrebbe però sempre essere discussa con i genitori indicando chiaramente i benefici e i rischi, compreso il fatto che un parto indotto può essere più lungo e laborioso».

La levatrice

‘Senza medicina non significa meno sicuro’

In Ticino dal 2014 esiste a Lugano la Casa maternità e nascite ‘Lediecilune’, unica nel suo genere nel cantone, in cui sono venuti al mondo 195 bambini e altri 193 sono nati a domicilio con l’accompagnamento delle sue levatrici. Tra le fondatrici c’è Anna Fossati, che così articola quanto introdotto da Geiler Caroli: «Come levatrici possiamo seguire in autonomia le donne che hanno una gravidanza a basso rischio, chiedendo al medico di fare solo le due, massimo tre ecografie fortemente consigliate durante la gravidanza, e quindi occupandoci personalmente del colloquio sullo stato generale, della misurazione della pressione, del controllo del peso, della misurazione dell’altezza uterina che dà un’indicazione sulla crescita del bebè, ma anche degli esami del sangue di base, di quelli delle urine e degli strisci vaginali. Così facendo si evita, come indicano anche le linee guida dell’Oms a livello internazionale, di svolgere degli esami medici superflui in condizioni di basso rischio».

Questo tipo di accompagnamento non significa però mettere la sicurezza in secondo piano: «Mese dopo mese valutiamo l’evoluzione della gravidanza e se c’è qualche anomalia chiediamo l’intervento di un medico – dice Fossati –. Non assistiamo a parti dove ci sono fattori di rischio o problematiche come parti podalici, gemellari o casi di placenta previa. Insomma, facciamo una determinata selezione e al momento in cui la donna entra in travaglio la sorvegliamo e decidiamo il trasferimento in ospedale ben prima che insorga una reale difficoltà o un’urgenza. Le situazioni in cui siamo andate di corsa in ospedale per un’emergenza sono veramente poche. Abbiamo comunque circa un 16% di trasferimenti, ma soprattutto perché la donna desidera un’anestesia epidurale o perché il travaglio diventa troppo lungo».

Il costo dell’assistenza al parto di una donna a domicilio o in casa nascite «è all’incirca di 2’500-3’000 franchi – rende noto Fossati – e comprende il lavoro delle due levatrici, il materiale utilizzato e il forfait per le spese alberghiere della casa maternità». A titolo di paragone, prendendo i dati del 2018 (gli ultimi disponibili pubblicamente, forniti dall’Acsi), le fatture in ospedale andavano dai 5’860 franchi ai 9’800 per un parto fisiologico considerando dalle 2 alle 6 notti di degenza. Al pari di quelli ospedalieri, i costi della casa nascite sono coperti interamente dalle casse malati, tuttavia con il sistema attuale il Cantone per i primi partecipa nella misura del 55% mentre non contribuisce per i secondi. Grazie ai 388 parti in casa nascita e a domicilio, il Cantone ha realizzato un risparmio di oltre un milione di franchi in 10 anni.

La primaria del Ksa (Aarau)

‘Un sistema integrato molto apprezzato’

Per trovare dei veri e propri sistemi integrati in cui le levatrici lavorano in autonomia e i medici intervengono solo se necessario bisogna varcare il Gottardo. Uno di questi è stato promosso dalla dottoressa Monya Todesco Bernasconi, primaria di ostetricia e medicina perinatale all’Ospedale cantonale di Aarau (Ksa), e membra onoraria dell’associazione ‘Nascere Bene’, che nel maggio 2017 insieme ad alcune levatrici indipendenti della regione ha creato sul sedime della struttura sanitaria argoviese una casa nascita con parti non medicalizzati. «L’idea è sorta perché ci siamo resi conto che in ospedale si tende più facilmente a sovramedicalizzare a causa di certi standard base di sicurezza che sono applicati a tutte le partorienti senza fare troppe distinzioni in rapporto al rischio – spiega Todesco Bernasconi –. Quando si lavora in una struttura che accoglie tutti i tipi di gravidanza, dalla donna di 25 anni sana con un bambino in posizione corretta alla donna di 40 anni in sovrappeso con diabete gestazionale, bisogna trovare un “modus vivendi” per garantire una base comune che faciliti gli interventi in caso di necessità. Un esempio banale è l’inserimento della cannula in vena che in Svizzera viene fatto a prescindere a tutte le partorienti. Già questo di per sé è un intervento, il quale oltretutto, come attesta la letteratura scientifica, porta a somministrare con maggior propensione dei medicamenti anche quando non sono strettamente necessari».

Nel Canton Argovia la casa nascita vicina all’ospedale è molto conosciuta e apprezzata grazie al passaparola, alle informazioni sul sito, alle pubblicazioni sui media. E anche ai ginecologi e alle levatrici che parlano dell’offerta con le donne in gravidanza. «Abbiamo appena superato la soglia del parto numero mille – dice con orgoglio Todesco Bernasconi –. Mille iniziati e terminati nella casa nascite. Poi ci sono tutti quei casi che nel corso del parto o nell’immediato dopo parto sono stati trasferiti nell’ospedale dove lavoro, ma anche lì la grande maggioranza si è conclusa in modo fisiologico». Per le donne che fanno capo al collettivo, indica la dottoressa, «abbiamo un tasso di cesarei del 5%. È vero che accogliamo future mamme a basso rischio, ma paragonato alla media svizzera, il nostro è un dato comunque molto basso».

Per fare una valutazione sotto il profilo dei costi «bisogna vedere cosa si prende in considerazione – precisa Todesco Bernasconi –. La nostra casa nascita ha anche l’infrastruttura ospedaliera a disposizione. Sono garantiti il transfert, l’assistenza medica, la presenza del neonatologo: tutte prestazioni che hanno il loro costo. Ovviamente il parto fisiologico in casa nascita comporta una spesa minore di un parto in ospedale anche solo per il fatto che non c’è l’intervento di un medico». Il grande vantaggio con questo modello «è anche che tutta la documentazione viene trattata con lo stesso metodo. Fondamentale è però la buona collaborazione tra le levatrici e il mio staff». In definitiva, conclude Todesco Bernasconi, «si tratta di una questione culturale, che va coltivata».

La primaria del San Giovanni di Bellinzona

‘Cesarei sotto la media indice di qualità’

Un sistema come quello di Aarau, con una casa nascite in prossimità dell’ospedale, rappresenta «una soluzione molto interessante che permette di favorire il parto fisiologico e allo stesso tempo dà la sicurezza di una struttura pronta a intervenire» commenta Claudia Canonica, primaria di ginecologia e ostetricia all’ospedale San Giovanni di Bellinzona, uno dei quattro ospedali regionali dell’Eoc. Eoc in cui il tasso di tagli cesarei si situa sotto la media rispetto alle cliniche private ticinesi e rispetto alla quota nazionale, attestandosi però pur sempre a oltre il doppio delle raccomandazioni dell’Oms. Come interpretare questi numeri? «Nel paragone tra strutture ci sono tanti fattori da considerare – premette Canonica –. Il tasso di tagli cesarei innanzitutto può variare in base alla tipologia di casistiche, in un ospedale universitario dove si concentrano più pazienti ad alto rischio il dato è di regola più alto rispetto a un ospedale periferico. In Eoc le gravidanze a rischio vengono gestite a Bellinzona dove si trovano le cure intermedie neonatali dell’Ipsi, l’Istituto pediatrico della Svizzera italiana. C’è poi una differenza tra istituti pubblici e privati data dal fatto che nei secondi per una questione organizzativa e di infrastruttura si è più propensi a gestire il parto in maniera pianificata. Dunque non sempre prevale l’indicazione puramente medica al taglio cesareo e questo non è ideale». La quota di parti cesarei complessivamente in Ticino (34%) è in linea con quella nazionale (33%) «ma dovremmo essere comunque un po’ autocritici perché le gravidanze ad alto rischio vengono trasferite oltre Gottardo», dice la primaria.

Ampliando lo sguardo sul resto del mondo «si constata una grande disomogeneità nei diversi Paesi – indica Canonica –. In Olanda, dove si fanno molti parti a domicilio, il tasso di cesarei si avvicina alle raccomandazioni dell’Oms. In Sud America è invece tendenzialmente molto più alto, tanto che abbiamo delle pazienti originarie della zona che più spesso di altre ci domandano di programmare un cesareo perché da loro è consuetudine. Quel che possiamo dire è che le diverse situazioni sono forgiate dall’impostazione culturale e dal sistema sanitario nazionale. Guardando nello specifico al tasso dell’Eoc del 29% penso che sia un indicatore di un’ostetricia di buona qualità. Questo però non significa che non si possa migliorare». Oltre a sensibilizzare sui benefici del parto fisiologico in senso lato, per cercare di invertire la tendenza all’aumento dei cesarei nelle situazioni che lo permettono l’Eoc promuove il parto fisiologico anche dopo un precedente taglio: «In questi casi seguiamo un protocollo di sorveglianza specifico che prevede la presenza supplementare di personale medico e di personale di sala operatoria, pronto a intervenire se necessario». In generale poi, nei casi non urgenti in cui si rende necessario un taglio, «offriamo la possibilità del cosiddetto “cesareo dolce”, che permette maggior partecipazione dei genitori e miglior adattamento del neonato».

Gli interventi di induzione del parto sono invece più frequenti presso l’Eoc (43%) che nelle cliniche private (34%), ciò che Canonica spiega così: «L’induzione non deve essere vista come negativa. Ha delle indicazioni mediche e lo scopo è favorire il parto vaginale evitando complicazioni. In alcuni ambienti prevale ancora l’opinione che indurre il parto significhi aumentare il rischio di un taglio cesareo, ma questo non ha alcun fondamento scientifico, dati recenti hanno permesso di dimostrare il contrario. Quanto all’impiego minore nel privato è forse da ricondurre, anche questo, al fatto che l’induzione richiede più tempo, un certo tipo di sorveglianza e più personale sanitario. In un setting privato tutto questo è più difficile e quindi l’alternativa di praticare direttamente il cesareo è spesso più facilmente gestibile di un’induzione».

Per quel che riguarda i costi, in particolare legati al taglio cesareo, la primaria evidenzia che i progressi medici relativi a questo tipo di operazione hanno permesso di ridurre anche di molto la degenza in ospedale. «Mentre fino a una ventina di anni fa la degenza media dopo un cesareo era di una settimana, oggigiorno la sua durata non si discosta quasi da quella per un parto vaginale. Questo grazie a innovazioni mediche che consentono un miglior controllo del dolore e maggiore efficacia della contrazione dell’utero. Le pazienti stanno subito bene e desiderano tornare a casa loro molto prima – sottolinea Canonica –, a beneficio del benessere loro e del bambino, e anche dei costi sanitari».

Fsl-Ti: disappunto per il progetto pilota

Negli scorsi giorni, rispondendo a un’interrogazione della granconsigliera socialista Daria Lepori, il Consiglio di Stato ha reso noto che nei prossimi mesi l’Eoc avvierà un progetto pilota sulla levatrice aggiunta per valutarne richiesta, benefici ed efficacia. In una presa di posizione pubblicata sulla nostra testata, il comitato della Federazione svizzera delle levatrici sezione Ticino (Fsl-Ti) – che da anni perora la causa della levatrice aggiunta negli ospedali, così come hanno fatto le associazioni ‘Mamma Nascita Libertà’ e ‘Nascere Bene’, col sostegno di Faft+, Commissione consultiva per le pari opportunità e Acsi – pur dicendosi entusiasta che ci siano sviluppi rispetto alla tematica, evidenzia tra le altre cose di non essere stata coinvolta durante la fase di stesura concreta del progetto. Progetto che nella versione adottata per la Fsl-Ti presenta diverse criticità le quali potrebbero portarlo al fallimento, e da cui dunque la Federazione si dissocia.

La direttrice della Sant'Anna di Lugano

‘Input importanti dalle partorienti’

«Giorni e orari dei cesari non hanno una statistica che può confermare una preferenza incentivata dai medici. Non si tratta di alcuna scelta di convenienza né organizzativa», afferma Michela Pfyffer, direttrice della Clinica Sant’Anna di Sorengo, rimasta l’unica struttura sanitaria privata in Ticino in cui si può partorire dopo che, dal 1° giugno 2023, una convenzione tra Eoc e Gruppo Moncucco a cui appartiene la Santa Chiara di Locarno – l’altra clinica privata in cui vi era un reparto adibito – ha sancito la concentrazione dell’attività ginecologica in quest’ultima e di quella di ostetricia e neonatologia all’Ospedale regionale di Locarno; tutte le statistiche citate comprendono quindi ancora la Santa Chiara. Riferendosi al tasso di cesarei più alto nel settore privato, Pfyffer spiega: «Certamente le richieste delle partorienti, anche basate su pregresse esperienze, e corrispondenti peraltro a un loro diritto, costituiscono un input importante, così come il fatto che essendo un polo specialistico di riferimento, situazioni critiche giungono più sovente in strutture come la nostra». La direttrice tiene al contempo a sottolineare che «i nostri medici portano avanti una politica informativa delle loro pazienti orientata alle qualità e sicurezza per il binomio mamma-bambino. Le nostre ostetriche perorano la presa a carico più naturale possibile così come confermato dalla logistica delle nostre nuove sale parto che, seppur medicalizzate, si presentano come un’oasi di spontaneità e naturalezza». I cesarei effettuati alla Clinica Sant’Anna, «se non legati a situazioni estremamente urgenti dove la medicalizzazione deve avere il sopravvento – rileva infine Pfyffer – sono condotti nel rispetto della maggior parte degli indicatori che contraddistinguono la pratica del cesareo dolce».

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