Marco racconta come questa droga ha distrutto la sua vita. Sempre più consumatori in Ticino. Le conseguenze: risse, sfratti, violenza nelle città
Marco, 28 anni, pensava di gestire il crack, ma la droga ha cannibalizzato la sua vita portandogli via tutto: “Mi ha devastato, una sola minidose è già troppo. La ‘botta‘ che dà è immediata, dura 15 minuti, senti calare un velo su tutti i tuoi problemi, sei piacevolmente spensierato, non rifletti più su nulla. Nemmeno sui pericoli”, ci racconta. Il dopo è drammatico, riduce le persone a zombie: “Ero in totale paranoia, mi chiudevo in casa al buio. Poi ne vuoi subito un’altra dose e un’altra ancora. Ho perso totalmente il controllo, sono arrivato a 14 crocche (dosi, ndr) al giorno rischiando un’overdose. Ne avevo un bisogno impellente, incontrastabile, influenzava ogni singolo attimo della mia vita. Sei disposto a fare di tutto per averla: rubare, spacciare, mentire. Si diventa facilmente aggressivi. Sei dominato dalla droga. Ho fatto fuori almeno 200mila franchi”. A guardarlo sembra un ragazzino, quasi fragile, eppure Marco è sceso all’inferno. Ma soprattutto ne è tornato vivo. Tanti suoi amici non hanno avuto la stessa fortuna. Da poco, lui è diventato padre, ci racconta la sua via crucis col crack per mettere in guardia genitori, istituzioni. Lui ha toccato il fondo quando per consumarla ha deciso di spacciarla. Descrive quel mondo, oggi lontano, come un girone infernale. “Molti miei amici sono morti o finiti in carcere, è una trappola che non auguro a nessuno”.
Aveva 14 anni quando ha provato per la prima volta la cocaina: “È stato per curiosità e la usavo nei weekend”. A 18 anni, un grosso dolore l’ha portato al crack che, ci spiega, lo anestetizzava per pochi minuti. È cocaina lavata nell’ammoniaca o nel bicarbonato. Un processo chimico che ne potenzia l’effetto, ma anche i danni, in modo esponenziale. “La dipendenza è violenta, da solo non riesci a uscirne. Ero un ragazzino, sono stati 5 anni di orrore”.
La consumava e poi i soldi non bastavano. “Tutto il salario o quasi andava in droga, ho venduto la moto. Ho iniziato a rubare, a spacciarla. Era un chiodo fisso”. Una crocca, ci dice, costava sui 20 franchi. “La trovavo in strada, in pieno centro a Lugano. Sai proprio a due passi dalla polizia, dal tribunale. C’era un gran viavai. C’erano padri di famiglia, studenti, tutto avveniva sotto gli occhi di tutti. Avrei voluto incontrare qualcuno che invece di darmi una dose, mi avesse dato un calcio”. Ma non è stato così.
Lo tsunami crack sta travolgendo diverse città elvetiche, in Ticino cliniche, centri terapeutici, servizi e antenne registrano una preoccupante impennata dei casi. Oltre a devastare corpo e mente, il crack prosciuga economicamente chi lo consuma, come spiega Marco. Se manca, iniziano tremori, ansia, irrequietezza che fanno salire l’aggressività. Le conseguenze sono ad ampio raggio su tutta la comunità: sfratti e problemi nei condomini, urla, risse, sporcizia nei parchi di spaccio e consumo, di giorno come di notte. L’Ufficio federale della sanità (Ufsp) ha lanciato l’allarme, organizzando a inizio giugno una tavola rotonda con Città, Cantoni e addetti ai lavori. Dal Ticino, c’era Marcello Cartolano, responsabile dei servizi ambulatoriali a Ingrado. “Stiamo assistendo a una importante ondata di crack simile a quella di eroina degli anni 80. L’impatto socioeconomico è importante tra interventi di polizia, ambulanze, sicurezza soggettiva dei cittadini, sfratti. In Ticino, il fenomeno per ora è più concentrato nei palazzi, chi consuma spesso perde l’appartamento perché, oltre al degrado sociale e abitativo, crea problemi ad altri inquilini”, commenta l'esperto (vedi box).
La direttrice dell’U FSP Anne Lévy ha invitato i cantoni ad attrezzarsi con centri di accoglienza a bassa soglia, aperti anche la notte, sostegno psicosociale e programmi occupazionali adatti per stabilizzare lo stato di salute dei consumatori.
“Questo mondo fa paura”, continua Marco. “C’è chi la vende anche a minorenni, sapendo i danni che fa”. Lui è cresciuto nel Sopraceneri, ha tentato diverse strade, ha fatto tanti lavori senza aver concluso una formazione. A 16 anni, ci racconta, ha lasciato la famiglia. “Erano testimoni di Geova e mi sono allontanato. Ero solo. Vivevo da amici. Poi ho perso una persona a cui tenevo molto. Senza punti di appoggio, ho iniziato col crack, mi faceva stare bene. Avevo un lavoro notturno e trovarlo era facile”.
Quando un caro amico muore per crack, Marco decide di dare una svolta alla sua vita e chiede aiuto. Un anno di disintossicazione e tanta terapia psicologica, il percorso è molto lungo, ma riesce a uscirne con grande fatica grazie all’aiuto di un servizio cantonale e a un grande lavoro su se stesso. “Ero solo, perché la mia famiglia, tutti i miei affetti li aveva allontanati il crack. Mi è mancato molto il loro sostegno”.
Una volta ripulito ha dovuto tenersi lontano dalle tentazioni: “Ho dovuto tagliare i ponti col passato, cambiare città, compagnie, i miei amici erano tutti legati al mondo della droga. Molti sono morti per via del crack, altri sono finiti in carcere. Io mi sono fermato in tempo. La mia compagna mi ha aiutato molto. Ora abbiamo una bimba e voglio essere un buon padre”.
Questo ha cambiato la sua prospettiva. “C’è stato un periodo in cui dovevo vendere crack per averlo. C’erano anche ragazzini 14enni che lo cercavano spudoratamente. Volevano provare emozioni forti. A loro non lo vendevo”.
Infatti alla Clinica Santa Croce, dove ci sono in cura adolescenti già invischiati col crack, sta maturando la consapevolezza che per alcuni giovani il crack è una sorta di automedicazione per chi soffre di un disturbo del neurosviluppo noto come deficit dell’attenzione e iperattività (Adhd), probabilmente non diagnosticato in età scolare. Una buona notizia perché c’è una via d’uscita, come ci spiega la psichiatra Sara Fumagalli che sta seguendo diversi casi alla clinica locarnese (vedi box).
Marco oggi è padre. “Mi vergognerei molto se mia figlia scoprisse tutto quello che ho fatto per il crack”. Gli chiediamo allora che cosa può fare un genitore: “Penso si parli molto dei giovani ma troppo poco con loro. L’ha detto un artista. Comunque è buona cosa tenere un canale di comunicazione aperto”. Infine, a un adolescente direbbe: “Ci sono tante cose più belle del crack”.
Investire per contenere lo tsunami crack che sta investendo la Svizzera, Ticino compreso. La ricetta: centri di accoglienza a bassa soglia, aperti anche la notte, sostegno psicosociale e programmi occupazionali adatti per stabilizzare lo stato di salute dei consumatori. Queste le parole della direttrice dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) Anne Lévy alla tavola rotonda di inizio mese tra città, comuni e antenne sul rapido e preoccupante aumento di consumo di crack. Dal Ticino, c’era Marcello Cartolano, responsabile dei servizi ambulatoriali a Ingrado. “Stiamo effettivamente assistendo a una importante ondata di crack simile a quella di eroina degli anni 80. Riguarda soprattutto chi faceva già uso di cocaina, ma anche giovani con situazioni di disagio importante”, spiega Marcello Cartolano, vice direttore di Ingrado. Il Centro di competenza specializzato nelle dipendenze ci illustra alcune cifre: su 140 persone seguite nel solo centro di Viganello per una terapia sostitutiva dell’eroina, la metà ha virato o integrato il crack. “È il migliore orgasmo tra gli orgasmi da stupefacenti”, ha spiegato a Cartolano un consumatore.
Per qualche minuto di sballo il prezzo da pagare è alto: l’insaziabile brama di averne ancora e ancora. “La dipendenza psichica è immediata e violenta. Chi consuma crack perde i freni inibitori, non sa valutare le situazioni, anche in rapporto al contesto e alle persone che lo circondano, si dimentica di mangiare, di lavarsi”, spiega il presidente di Ticino Addiction. Uno scenario che ricorda gli anni delle siringhe abbandonate nei parchi e le politiche di riduzione del danno. “La loro presenza in città è visibile perché creano disagi, sporcizia. La brama di crack rende i consumatori aggressivi, anche verso i terapeuti”. In diverse città svizzere, la popolazione non ne può più, c’è chi ha paura ad andare al parco coi figli. In Ticino la polizia minimizza e il disagio non sembra così evidente. Un’oasi fortunata? “Tutt’altro. Il fenomeno per ora è più concentrato nei palazzi, chi consuma viene spesso sfrattato perché oltre al degrado sociale e abitativo, crea problemi ad altri inquilini. Quando perdono l’alloggio vengono ospitati da amici e il problema si sposta altrove”. Vite in schiavitù, assoggettate alla ricerca della droga, vite in rotta di collisione col resto della società. “È pericoloso parlare di numeri bassi, perché l’impatto socio economico è importante tra interventi di polizia, ambulanze, sicurezza soggettiva dei cittadini, sfratti”.
La brutta notizia è che non c’è una cura agonista, come il metadone per gli oppiacei. “Abbiamo farmaci per calmare la brama ma a medio termine non la contrastano”. Il percorso passa dal sostegno psicosociale. “Chi è dipendente banalizza o nega la situazione, l’aggressività rende difficile avvicinarli e motivarli a curarsi”. Purtroppo, l’Europa è inondata dalla cocaina, tra le prime 10 città, ci sono 4 città svizzere: Zurigo, Basilea, San Gallo e Ginevra. “Siamo un mercato interessante vista la disponibilità economica, qui arriva una cocaina purissima (al 66%) a prezzi stracciati: una ‘crocca’ (dose di crack ndr.) costa sui 20 franchi”. Basti pensare che negli anni 70/80 un grammo di cocaina costava sui 200 franchi mentre oggi solo 80.
Anche alla clinica psichiatrica Santa Croce aumentano i ragazzini con dipendenza da crack fin dalla pre-adolescenza. La dottoressa Sara Fumagalli segue diversi casi ed è arrivata a una riflessione che apre nuovi scenari: talvolta il crack è una sorta di automedicazione per chi soffre di un disturbo del neurosviluppo noto come deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD), probabilmente non diagnosticato in età scolare.
E questa è una buona notizia perché c’è una via d’uscita: “In alcuni casi, dopo un adeguato periodo di astinenza in reparto protetto, è emerso il disturbo sottostante”. Iperattività, irrequietezza, difficoltà nel prestare attenzione a volte deficit dell’apprendimento sono dovuti a uno squilibrio della trasmissione dopaminergica nel cervello. Per questo motivo il crack, ci spiega, derivato della cocaina e con effetti psicostimolanti simili e più intensi, compensa questo squilibrio e paradossalmente tranquillizza e offre un seppur illusorio sollievo dal malessere associato a un ADHD non trattato. Una serenità artificiale apparente con effetti devastanti visto che modalità e quantità di utilizzo di questa sostanza di abuso determina a sua volta una patologia. Quando il disturbo da ADHD anche nell’adulto viene trattato in modo adeguato (fra i farmaci fi prima scelta il noto ritalin), questi ragazzi iperattivi riscoprono sé stessi e un proprio modo di stare al mondo che gli permette di riprogettarsi nel futuro e affrontare la vita con risorse spesso sorprendenti”, spiega la direttrice sanitaria della struttura.
Il punto è motivarli a “rinunciare” alla scorciatoia di sostante di abuso a favore di un percorso di cura. “La droga li fa stare meglio, come l’aspirina contro la febbre. Il crack crea un beneficio immediato e potente, l’astinenza violenta, altera la loro personalità rendendoli potenzialmente pericolosi e aggressivi, farebbero letteralmente di tutto per procurarsi una dose”.
Per i terapeuti approcci e cure sono tutti da ripensare. Possiamo aiutare, continua la psichiatra, solo chi vuole uscirne e decide volontariamente di fare un percorso di disintossicazione e riabilitazione in comunità. “Dall’ultima dose ci vuole un anno di astinenza per ripristinare le risposte neurologiche cerebrali e tornare ad avere un buon equilibrio mentale e neurofisiologico”.
La casistica psichiatrica, secondo la dottoressa, sta cambiando. “Vediamo sempre meno pazienti malinconici e con quadri depressivi classici. Agitazione, ansie, angosce, difficoltà a dare un senso alla propria vita, a essere empatici, sono i nuovi demoni della mente”. Malesseri di una popolazione sempre più in affanno, specchio di una società dove per sopravvivere devi quasi essere iperattivo. “Ci sono studenti che non ce la fanno, i ritmi sono troppo elevati e non sanno gestire la frustrazione”.
È un male più acuito nella generazione cresciuta a pane e tablet. “I tempi virtuali sono più veloci di quelli umani, la ricompensa è immediata, non si sopporta l’attesa. L’utilizzo di dispositivi tecnologici fin fai primi hanno di vita verosimilmente altera i sistemi di ricompensa e questo sta condizionando la neurofisiologia delle nuove generazioni che potrebbero essere più predisposte all’uso di droghe e mostrano differenti stili di apprendimento e di relazionarsi agli altri”, conclude la specialista.
Anche al servizio per le dipendenze dell’associazione comunità familiare si registrano negli ultimi anni più casi: “Sì certo, dal nostro osservatorio notiamo che c’è stato un aumento dell’uso di crack (come della cocaina in generale). Sostanze che coinvolgono aspetti sociali, relazionali, economici, spesso psichiatrici e sono la manifestazione di un generale disagio”, ci spiega il direttore Severino Briccola.
Sia ad Antenna Icaro sia a Laboratorio21 (entrambi servizi ubicati nel Sopraceneri), la tipologia di consumatori che chiedono aiuto è variegata: “In generale non notiamo una casistica particolare, se non una tendenza a coinvolgere sempre più giovani. Il consumo sembra toccare in modo trasversale ogni fascia d’età e cultura”, aggiunge il direttore.
Va ricordato inoltre che il servizio per le dipendenze da sostanze, conclude Briccola, accoglie casi spesso molto compromessi anche se osserviamo un aumento di segnalazioni di situazioni ancora non cronicizzate.
“Si, dal nostro osservatorio c'è stato un aumento dell'uso di crack (come della cocaina in generale) che coinvolgono aspetti sociali, relazionali, economici, spesso psichiatrici e sono la manifestazione di un generale disagio”, ci spiega il direttore Severino Briccola. Sia ad Antenna Icaro sia a Laboratorio21 (entrambi servizi ubicati nel Sopraceneri) la tipologia di consumatori è variegata: “In generale non notiamo una casistica particolare, se non una tendenza a coinvolgere sempre più giovani. Il consumo sembra toccare in modo trasversale ogni fascia d'età e cultura. Va ricordato inoltre che il nostro servizio accoglie casi spesso molto compromessi anche se osserviamo un aumento di segnalazioni di situazioni ancora non cronicizzate”, conclude.