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Ritocchi, fotografie e tsunami: ‘Oggi crei dal nulla il tutto’

Dopo il polverone per lo scatto della famiglia reale inglese, il fotoreporter ticinese Davide Agosta a ‘laRegione’ ci parla di necessità e forzature

La foto ‘incriminata’... ritoccata
15 marzo 2024
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Le pagine dei quotidiani inglesi, e non solo, in questi ultimi giorni sono zeppe di opinioni e congetture su quello che è diventato un vero e proprio caso mediatico, ovvero l'ultima fotografia ufficiale della principessa del Galles con i suoi tre pargoli. Sotto la lente la veridicità di quello scatto, vivisezionato pixel dopo pixel fino alla certezza di un intervento quantomeno grottesco. Davide Agosta, fotoreporter e titolare dell'agenzia ticinese Ti-Press, ci porta a navigare, fra necessità e forzature, nello tsunami in atto, da quindici anni a questa parte.

Quanto è importante nella nostra realtà professionale, e sociale, presentare fotografie ‘pulite’?

Dobbiamo prima di tutto essere attenti e consapevoli della terminologia. Ritoccare una fotografia, anche una fotografia di attualità, nell'ambito del lavoro di un'agenzia fotografica è una cosa che esiste dalla notte dei tempi. Già lo si faceva quando si stampava in bianco e nero con l'ingranditore. Era necessario per ‘mascherare’, ovvero per rendere delle zone buie un po’ più chiare, oppure per creare delle ombreggiature, il tutto ad ogni modo per creare un’armonia nell'immagine. Si ritoccava perché c’erano delle impurità, del ‘negativo’. Senza però stravolgere e senza influenzare l'immagine, era semplicemente un miglioramento nella volontà di far emergere dei dettagli che magari nello scatto non risaltavano.

Ritocchi in un certo senso permessi quindi, oggi qualcosa è cambiato?

Il ritocco non è un cambiare l'immagine, ma semplicemente un migliorarla, un ritocco che potremmo definire tecnico. Pensiamo a capelli un po’ impastati che venivano schiariti, a ‘buchi’ o imperfezioni che correggevi a mano o con piccoli pennellini. Dunque non avevano nulla a che vedere con il soggetto della foto. Un'operazione che puoi fare anche oggi con il computer, elettronicamente, cioè digitalmente sul computer.

Non si rischia però di avere la mano un po’ troppo pesante?

Questa operazione è stata chiaramente automatizzata e quindi facilitata. Nel fotoritocco di trent'anni fa c'era un'artigianalità manuale, una correzione ad ogni modo che non andava, per esempio, a raddrizzare nasi storti, che rimanevano tali, ma a ripulire delle impurità. Oggi questa operazione è facilitata e velocizzata da un pennellino elettronico o dall'intelligenza artificiale che riconosce il problema e lo risolve in modo automatico. In questo senso, dunque, il termine ritocco esisteva allora ed esiste ancora adesso. Se parliamo di foto commerciale o pubblicitaria è tutto un altro discorso in quanto vi è l'esigenza di un'immagine coordinata con il committente. Nella foto giornalistica tutto ciò non è ammissibile. Se il fotoritocco è dunque quell'operazione che rende la foto tecnicamente perfetta, con l'intelligenza artificiale e la digitalizzazione questo livello di perfezione è aumentato, ma sempre, per quanto riguarda l'attualità, senza aggiungere, togliere o modificare morfologie del territorio o delle persone.

Fra un mese ci saranno le elezioni comunali e i ‘santini’ spopolano... Come giudicare certi... interventi?

Ci troviamo in quella che è una zona grigia. Normalmente se si realizzano dei ritratti di attualità non si dovrebbe ritoccare l'imperfezione fisica, come le borse sotto gli occhi o le rughe, perché ciò va a falsare l'informazione che si sta trasmettendo. La foto dei candidati si trova nel mezzo, fra l'attualità e il commerciale, quindi ci può stare che i candidati richiedano, del resto pagando, di ‘ritoccare’ elettronicamente magari un brufolo che non sono stati in grado di correggere con il fondotinta. L'obiettivo finale è del resto diverso: lui o lei vuole dare un'immagine di sé di maggiore... freschezza. Però resta una richiesta, non viene fatta una modifica di fondo, non si falsa la fotografia ma si interviene come lo potrebbe fare un truccatore in una seduta di maquillage oppure un tecnico delle luci durante una trasmissione televisiva (l'esempio di Barbara d'Urso o Bianca Berlinguer).

Si hanno richieste anche da parte di uomini?

Eh... devo dire di sì. A me non è mai capitato che un candidato o una candidata mi chiedessero di togliere un'imperfezione. Dove invece sono molto attenti sono nello scatto in sé, e cioè vogliono rivedere quei difetti che vengono evidenziati magari dalle luci come il doppio mento. Raramente in questi casi è buona la prima...

Si è mai imbattuto in una foto d'attualità su riviste o quotidiani ‘decisamente’ ritoccata?

Mi è stato chiesto di modificare delle foto aggiungendo o togliendo, ma sempre nell'ambito commerciale, mai d'attualità. Magari per togliere un palo della luce davanti alla sede di un'azienda o altri piccoli accorgimenti. L'unico caso d'attualità che ricordo, ed era anche uscita una polemica, risale al mio periodo al Giornale del Popolo dove un collega aveva aggiunto un pallone da calcio (fuori obiettivo) nella parata di un portiere. Ma fece una sovrimpressione un po' troppo pacchiana...

Come si muove oggi la vostra categoria?

In Ti-Press abbiamo un regolamento che tutela l'attualità, come in altre agenzie si è passibili, per falsificazione, di licenziamento. A livello di categoria si sta pensando a una certificazione, un po’ come il vino doc. Vi sono anche delle case produttrici, come Adobe, che stanno mettendo a punto delle soluzioni, ancora tutte allo studio, perché si parla sempre più di un problema di credibilità.

Facciamo un ultimo passo verso l’intelligenza artificiale, quali pericoli e opportunità ci vede?

Quello che si è modificato negli ultimi quindici anni, passando dall'analogico della pellicola al digitale, è già stato un bel cambiamento. L'intelligenza artificiale (Ia), a livello fotografico, è uno tsunami perché stravolge ogni regola, arrivando a creare dal nulla il tutto, mentre prima avevi il tutto e dovevi cogliere il famoso attimo. E siamo all'inizio. Non so in questo momento immaginare cosa ne sarà fra cinque anni del nostro mestiere, della fotografia e anche dei video. Quello che penso è che è inutile combatterlo; più che altro il tema è come gestirlo e come cavalcarlo. Colui che si chiamerà fotografo 3.0 o avrà un nuovo nome sarà qualcosa di molto diverso da quello che conosciamo oggi. Dove si andrà non lo so. C’è un vantaggio, che si supera cioè, creando per esempio con l'Ia una modella o un modello ‘di fantasia’, il problema della privacy di un'immagine. Sempre che fra gli otto miliardi di persone al mondo qualcuno non si ritrovi in quel ritratto!

È fiducioso nel futuro della professione?

Federico, mio figlio, sta entrando poco a poco nella mia attività, è a lui che cederò il testimone in Ti-Press, eppure non è per formazione, ma solo per passione, fotografo. È informatico!

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