A tu per tu con le autorità, per comprendere le dinamiche che ruotano attorno ai numerosi lavori. Tra tutela degli operai ed esigenze dei committenti.
È una questione che tocca un po’ tutti: automobilisti, chi si sposta coi bus, ciclisti, pedoni, ma anche chi ci abita vicino… Stiamo parlando dei cantieri stradali, capaci di creare parecchi malumori e scontento. Ultimamente, sembra che ce ne siano più del solito: verità o percezione? «In effetti, è una realtà», ammette Diego Rodoni, direttore della Divisione delle costruzioni del Dipartimento del territorio (Dt). «Da un paio d’anni stiamo facendo uno sforzo importante per posare l’asfalto fonoassorbente sulle strade cantonali, lavori che si sono aggiunti a quelli di altro tipo, legati a interventi di migliorie stradali e alla manutenzione». Come mai proprio ora e concentrati in così poco tempo? La risposta è di natura principalmente finanziaria: la Confederazione ha stanziato dei sussidi per le opere di risanamento fonico, che però scadono a fine 2023. Ci sono già state delle proroghe finora, afferma Rodoni, e per ottenerne un’altra è necessario «dimostrare, entro la fine del 2023, di aver fatto il maggior sforzo possibile. Buona parte del lavoro è già stata fatta». L’anno prossimo, «nel Sottoceneri, saremo ancora in piena attività, mentre dal 2024 questi cantieri diminuiranno. Invece per il Sopraceneri contiamo di terminare entro fine 2023, salvo qualche eccezione puntuale». A mettere in difficoltà le tempistiche, c’è anche una questione tecnica: la posa dell’asfalto fonoassorbente è possibile solo dai 15 gradi in su, spiega Rodoni, «questo limita il periodo a sette, otto o al massimo nove mesi all’anno a seconda delle zone».
Quando si decide di eseguire un risanamento fonico, però, il cantiere può durare molto più del tempo necessario alla ‘semplice’ sostituzione dell’asfalto. Questo perché a volte vengono sostituiti altri strati sottostanti, ma soprattutto perché si cerca di sfruttare lo scavo per intervenire anche su tutte le infrastrutture che si trovano sotto la strada: tubature, reti telefoniche, internet… «Noi segnaliamo con almeno un anno di anticipo i nostri interventi ai Comuni e alle aziende interessate, in modo tale da permettere a tutti gli interessati di sostituire o potenziare le loro installazioni», indica Rodoni. In questo modo, si evita di fare lo scavo più volte. Anche perché generalmente, precisa l’ingegnere, una volta posato il nuovo asfalto, per i cinque anni successivi non è possibile intervenire nuovamente, fatta eccezione in caso di guasto.
Aperto uno scavo, gli stessi Comuni cercano quindi di sfruttare al massimo l’occasione per intervenire su canalizzazioni, rete elettrica o altri servizi. Come la Città di Lugano: «La collaborazione con i vari enti sta funzionando bene. Cerchiamo di fare il possibile per razionalizzare gli interventi e ridurre al minimo il disagio, che ormai è inevitabile», ci dice Maurizio Solcà, dell’area Genio civile della Divisione spazi urbani della Città di Lugano. «Con le Ail Sa (Aziende industriali di Lugano, ndr) abbiamo incontri regolari, con il Cantone ci riuniamo quando ci sono delle tematiche precise e con le Ffs la cadenza ora è settimanale per coordinarci sull’importante cantiere in corso in stazione. Con gli altri interessati, invece, ci avvaliamo di un supporto informatico, dove vengono segnalati tutti gli interventi previsti e ognuno può manifestare il proprio interesse a usufruire dello scavo». In alcuni casi, «come per il cantiere a Massagno in zona Arizona, anche se i lavori non vengono fatti su un territorio di nostra competenza, diamo il nostro contributo a livello di conoscenza del comparto». Tutta questa coordinazione «è un modo per cercare di ottenere il massimo dal singolo intervento, ripartendo i costi ed evitando di ripetere gli scavi negli stessi posti». Sì, perché condizionare più volte la stessa zona può portare a un disagio prolungato, cosa che si cerca di evitare: «Ci basiamo su un quadriennio e cerchiamo di pianificare tutti gli interventi non concentrandoci in un unico quartiere, ma avendo una certa ripartizione territoriale. Inoltre, tentiamo di evitare, su una strada di forte transito, di avere più di uno o due semafori in contemporanea dovuti a un cantiere», indica Solcà. In alcuni casi, nelle ore di punta si opta dunque per gli agenti di sicurezza al posto dei semafori: «Una persona ha sempre una visione migliore rispetto a una macchina», prosegue. «Per alcuni lavori più fastidiosi si scelgono i periodi anche in base al traffico. Generalmente quando le scuole sono chiuse, il flusso nelle strade di città si riduce di circa il 25-30 per cento, negli orari di punta anche del 50».
Quando si apre un cantiere, è necessaria una buona coordinazione anche per la gestione del traffico. Oltre alle strade di proprietà comunale e cantonale, ci sono anche le autostrade che sono della Confederazione. Il coordinamento con l’Ufficio federale delle strade (Ustra) è importante, in quanto «è inutile negare che alcuni percorsi cantonali sono anche le vie di emergenza in caso di problemi in autostrada», afferma Rodoni. «Dunque l’accordo con la Confederazione è quello di non avviare un nostro cantiere su una via alternativa al tratto di autostrada dove ci sono già dei lavori». In alcuni casi però succede: «Per queste situazioni, c’è un piano di emergenza cantonale» segnala Fabiano Martini, capo dell’Area operativa della Divisione delle costruzioni del Cantone. «Se succede qualcosa in autostrada e di colpo tutta l’utenza si riversa sulla cantonale, vengono subito attivati degli agenti per la gestione del traffico, i semafori vengono messi in modalità lampeggiante e, laddove si può, si sospendono le lavorazioni. Questo vale anche all’inverso, ovvero, se c’è un problema sulla strada cantonale, vengono presi i provvedimenti sul cantiere in autostrada». Oltre a ciò si evita di avere dei lavori sulle strade cantonali vicine alle autostrade anche durante i periodi di particolare traffico, come per esempio d’estate tra Lugano sud e Mendrisio, aggiunge Rodoni. «È un aspetto che viene poco alla luce, ma a volte rinunciamo a dei cantieri. Siamo costretti a posticiparli», dice Martini. «Cosa non evidente da spiegare a chi quell’intervento se lo aspetta», gli fa eco Rodoni.
La coordinazione non interessa unicamente chi deve fare i lavori, ma coinvolge anche altri attori come organizzatori di manifestazioni e polizia. È importante evitare di intasare ulteriormente una zona dove è già presente un evento ed è fondamentale garantire sempre l’accesso ai mezzi di soccorso, ricorda Martini. Ogni tanto, poi, sopraggiungono problematiche alle quali non si era pensato subito: «In un caso abbiamo dovuto chiudere 500 metri di strada ed è stato necessario trovare un parcheggio alternativo per tutti gli abitanti della via», racconta l’ingegnere. In ogni caso, e in particolare per i lavori infrastrutturali, «l’imprevisto è la regola», ricorda Solcà. «Questo perché non si conosce l’effettivo stato degli impianti fino a quando non si fa lo scavo. Per questo motivo bisogna considerare dei ritardi».
I cantieri stradali non sono unicamente legati all’asfalto, alle infrastrutture e alla viabilità, ma vengono fatti anche a favore del traffico lento e dei mezzi pubblici. «Vorrei ricordare che stiamo facendo uno sforzo importante anche a livello di piste ciclabili e simili. Infatti, sulle brevi tratte urbane, gli spostamenti in bici sono più veloci», riferisce Rodoni. Sempre riguardo alle alternative alla macchina, «l’abbonamento annuale di trasporto pubblico vince a livello di economicità, e in determinati casi anche in termini di tempo. Negli ultimi anni, infatti, è stato fatto un salto di qualità sia per quanto riguarda la cadenza sia di capillarità», afferma l’ingegnere. Cambiare però non è facile: «L’automobilista è abitudinario. Inoltre, il Ticino è una delle regioni con il più alto tasso di motorizzazione a livello europeo, ovvero di numero di macchine per abitante. Anche se, devo dire, le nuove generazioni sembrano più indirizzate verso il trasporto pubblico». La soluzione? «Per migliorare la mobilità credo che si debba utilizzare lo slogan proposto negli anni Duemila nel Mendrisiotto dalla Commissione regionale dei trasporti: ‘Il trasporto pubblico quando è possibile, il trasporto privato quando è necessario’», dice Rodoni. Martini precisa che «una buona percentuale dei cantieri ha come obiettivo principale la velocizzazione del trasporto pubblico». Spesso si tratta di costruire delle corsie preferenziali per i bus, indica l’ingegnere, ma le difficoltà sono molte. «Servono principalmente nelle zone molto trafficate e in città. Per permettere ai bus di passare sono però necessari almeno 3,50 metri di larghezza e spesso nelle zone urbane è difficile trovarli. Inoltre, la procedura è molto lunga, perché talvolta siamo obbligati a espropriare dei sedimi privati». I problemi che toccano i cantieri sono dunque numerosi: la pandemia di Covid-19 ha creato rallentamenti nei lavori che quindi si concentrano ora? Non sembrerebbe: «A parte le sei settimane di stop forzato, le aziende hanno continuato a lavorare attivandosi per rispettare le regole di igiene e distanziamento», spiega Rodoni. Quindi la situazione sanitaria non ha inciso particolarmente sullo svolgimento dei cantieri. E l’attuale aumento dei prezzi delle materie prime? «Non nascondiamo che l’acciaio o i derivati del petrolio, come il bitume che viene utilizzato per le pavimentazioni, siano più costosi. Non abbiamo però notato aumenti così eclatanti come il prezzo della benzina. Lo stesso vale per l’energia». E come ci si comporta dunque di fronte agli incrementi di prezzo? «Ci sono delle regole già prestabilite su come calcolare il rincaro – indica Rodoni –. C’è un indice a livello svizzero e dunque la questione non è oggetto di trattative singole, ma è regolamentata quando vengono assegnati gli appalti». Riguardo a questi ultimi, come vengono scelte le aziende? Quanto è fondamentale il prezzo che propongono? «Ci sono delle basi legali cantonali che danno delle indicazioni precise, ovvero la Legge sulle commesse pubbliche – ricorda l’ingegnere –. I criteri sono molti, come la durata del cantiere che ci propongono, la componente ambientale, la presenza di apprendisti, eccetera. È importante specificare che cerchiamo sempre la migliore offerta, non la minore». A essere fondamentale, per la durata dell’infrastruttura, è la scelta dei materiali. A questo proposito, Rodoni spiega che «sono certificati e a volte obblighiamo a utilizzare dei materiali composti da una parte riciclata. A ogni modo, effettuiamo dei controlli anche sui cantieri».
Parlando invece di numeri, quanti sono i cantieri stradali attualmente in corso nel Sottoceneri? «Contando quelli di tutti i tipi, durata e competenza, penso che siano un centinaio», indica Martini. Il territorio cambia in continuazione e per permettere che tutto funzioni, i cantieri, anche se fastidiosi, sono un punto centrale. Per quanto riguarda la città di Lugano, abbiamo chiesto a Solcà se si può affermare che ci sono molti più lavori rispetto a qualche decennio fa: «Negli ultimi vent’anni la città è cambiata molto – spiega –, quindi è difficile dire se ce ne sono di più rispetto a prima. La mole di investimento annualmente è costante: questo mi fa dire che il numero è più o meno uguale».
Spesso succede che i lavori vengano effettuati su una strada di proprietà del Cantone, ma non commissionati da quest’ultimo. «All’anno rilasciamo circa 1’500 autorizzazioni a Comuni e altri enti per operare sulle vie cantonali», spiega Rodoni. «Le durate variano molto. Vanno da lavori di una notte a quelli anche di un anno. È vero che in questi casi siamo i proprietari stradali, però riceviamo le critiche anche per infrastrutture che non sono nostre».
Da considerare, quando si decide di pianificare degli interventi, è anche la parte politica e di gestione delle finanze: «Nel 2020 è stato allestito un messaggio municipale con una richiesta di credito per effettuare i lavori sotto-strutturali prima che il Cantone posasse l’asfalto fonoassorbente sulle strade del nostro territorio», ricorda Solcà per quanto riguarda Lugano. «La richiesta era in totale di 11,2 milioni di franchi, per il periodo dal 2020 al 2025, suddivisi in 6,5 milioni di competenza della Città e 4,7 milioni delle Ail». Per la stesura del messaggio sono state valutate «quali fossero le nostre necessità in un arco di tempo di dieci anni. Questo per tener conto anche dei macro-cantieri come quello in stazione o per il Polo sportivo e degli eventi».
Le sinergie e gli elementi da considerare sono molti e non sempre va tutto liscio: «Non è facile tenere conto di ogni variabile e accontentare tutti. Ci proviamo, facciamo dei grandi sforzi e non neghiamo che a volte sbagliamo», ammette Rodoni. «Laddove ci accorgiamo dell’errore interveniamo nel più breve tempo possibile per risolverlo». Quali aspetti andrebbero migliorati? «Probabilmente dobbiamo impegnarci ancora di più a livello comunicativo. Spesso spiegare prima cosa intendiamo fare evita le critiche. È importante avvisare tutti gli abitanti coinvolti da un determinato cantiere, con schemi che indicano percorsi alternativi, anche pedonali e ciclabili, come pure indicare bene le eventuali fermate provvisorie dei bus».
Sì, perché colonne e rumori non fanno mai piacere, ma è cambiato qualcosa negli ultimi anni? «Solo ora stiamo tornando ai regimi di traffico precedenti alla pandemia. Forse quest’ultima ha distorto un po’ la percezione e non ci ricordiamo esattamente come era prima», suggerisce Rodoni. In generale viene chiesta «comprensione e rispetto dei lavoratori. Cerchiamo di far capire che stiamo lavorando per tutti».
I cantieri stradali sono ormai divenuti, a scadenza regolare, parte integrante del paesaggio sottocenerino. Un aspetto potrebbe forse snellire e rendere meno invasivi i lavori: le turnazioni notturne. Ma questo cosa comporta? «I lavori di notte – ci spiega Diego Rodoni –, che partono dalle 20 alle 6 di mattina, sarebbero da evitare, nel limite del possibile, perché non si lavora in condizioni ottimali, come invece accade di giorno». Impiegare operai nella fascia notturna implica «costi più elevati per gli interventi, il riconoscimento di supplementi salariali, la dotazione di illuminazioni supplementari, il riconoscimento delle difficoltà di approvvigionamento del cantiere, e l’operare con più difficoltà».
Ma non solo. «Il discorso notturno – prosegue Rodoni – porta svantaggi a noi che gestiamo i lavori, agli operai e a chi abita nelle vicinanze. Viviamo veramente il paradosso di chi dice ‘fate i cantieri di notte così non resto in coda perché devo andare al lavoro’ e chi dice ‘fate i cantieri di giorno, perché di notte devo dormire’. E lì la decisione che viene presa è o disturbare tanto in un periodo più corto o disturbare per un periodo più lungo. Non è semplice trovare la quadratura del cerchio e accontentare tutti. Anche perché, un aspetto che va considerato, è che qualsiasi cosa succeda durante i lavori notturni, alle sei di mattina quella strada deve essere riaperta». Di giorno, «se si finisce due ore dopo si paga il supplemento, ma se succede di notte, è un problema». Il cantiere notturno dovrebbe essere dunque, secondo la Divisione, l’ultima ratio.
Per poter operare in ‘modalità’ notturna, ci sono vari passaggi che la ditta a cui è stato attribuito l’appalto deve seguire. Innanzitutto, occorrono delle autorizzazioni dall’organo di vigilanza, controllo e tutela dei diritti dei lavoratori, ovvero la Commissione paritetica cantonale (Cpc) di riferimento, dall’Ufficio federale dell’ispettorato del lavoro (Uil) e in taluni casi perfino dalla Segreteria di Stato dell’economia di competenza della Confederazione. A proposito dei rapporti tra i vari attori, Rodoni ci indica che «con la Commissione paritetica abbiamo un modus operandi collaudato negli anni e riusciamo sempre a trovare dei buoni compromessi. Generalmente, ciò che piace poco alla Cpc è il non pianificato, perciò si cerca di programmare tutto per tempo».
«Per poter lavorare di notte ci dev’essere una valida motivazione». Questo quanto indicatoci dai nostri interlocutori della Commissione paritetica cantonale. «Dopo aver fatto delle verifiche sulla strada che deve essere oggetto di manutenzione o ricostruzione, valutiamo se ci sono soluzioni alternative al lavoro notturno. Per esempio creando bypass (diramazione alternativa a un tratto di strada già esistente, ndr) o inserendo semafori con traffico alternato. Se questo non è possibile rilasciamo l’autorizzazione e la ditta dovrà arrangiarsi a lavorare di giorno implementando i turni o anticipando l’orario di inizio alle 6. Anche se in quel caso subentrano le lamentale dei Comuni per l’inquinamento fonico indesiderato». A ogni modo, ci spiegano dalla Cpc, «la Commissione paritetica non ha una posizione preconfezionata sui lavori notturni, ma a causa del grande aumento del numero delle auto e la diminuzione della tolleranza da parte degli automobilisti, molto spesso i cantieri vengono svolti di notte o durante i giorni festivi, proprio per recare meno disturbo possibile all’utenza stradale».
Da un lato dunque, i cantieri stradali notturni sono una soluzione per evitare accumuli di traffico, dall’altro però questo comporta maggiore inquinamento fonico e minor sicurezza per i lavoratori. Ma tutto questo come viene vissuto dagli operai e lavoratori nei cantieri stradali? Lo abbiamo chiesto a Dario Cadenazzi, responsabile del settore edilizia del sindacato Unia. «In generale – esordisce Cadenazzi – non ci sono lavoratori che preferiscono il lavoro notturno. Credo che l’insieme abbia una visione del lavoro che è diurna, dal lunedì al venerdì. Chi apprezza i lavori di notte sono gli addetti alle pavimentazioni stradali nelle stagioni calde e durante la canicola. In quei casi preferiscono quei turni per delle ragioni di salute».
Ed è proprio per tutelare la salute dei lavoratori e perché, stando alle parole di Cadenazzi, «il corpo umano è progettato per lavorare di giorno», che l’Uil ha stabilito che se si superano le 25 notti in un anno, gli edili devono sottoporsi a una visita medica. Quali sono dunque i vantaggi dei cantieri stradali notturni per i lavoratori? «Semplicemente operare con minor traffico e temperatura più fresca nei mesi estivi». Poi c’è il rovescio della medaglia: «Di notte la visibilità e la sicurezza sono oggettivamente minori. Spesso meno traffico significa anche più automobilisti indisciplinati con tendenza ad andare più veloce vicino al cantiere».
Per Unia, dunque, il lavoro notturno e nei giorni festivi dovrebbe essere l’eccezione e non la regola. «Anche se mi rendo conto – afferma Cadenazzi –, che ormai viviamo superati dagli eventi perché ci sono tratte stradali dove non si può fare altrimenti che operare di notte». Sui lavoratori ricade «una grandissima pressione a livello lavorativo per quanto riguarda i grandi cantieri. Pressione affinché l’opera venga finita entro i termini stabiliti e basta un ritardo dovuto alle intemperie per vedere un aumento importante delle ore di servizio per gli addetti ai lavori». I termini di consegna «sono spesso troppo brevi ed è difficile sia per l’impresa sia per i lavoratori gestire simili situazioni di stress». Quella dei cantieri notturni è dunque una soluzione in extremis che diventa però sempre più obbligata.