Niente smartphone ai concerti europei del ‘Rough and Rowdy Ways Show’ di Bob Dylan: contro la foto selvaggia, per lui e per gli altri, ora c’è Yondr
"Ai miei tempi se andavi a un concerto con una videocamera era già tanto se tornavi a casa con la videocamera", parole del 2013 di Peter Gene Hernandez, più noto come Bruno Mars, interrogato un giorno su quanto faccia piacere agli artisti (anche a quelli che hanno vinto 9 Grammy) esibirsi davanti a orde di smartphone cliccanti. "Possiamo suonare oppure metterci in posa. Fate voi", parole austriache di Bob Dylan, che nel 2019, dopo il primo verso di ‘Blowin’ in the Wind’, fermò il suo inno pacifista per abuso di telefonini, facendoci sapere, allo stesso modo, quanto faccia piacere ai miti (anche a quelli che hanno vinto il Premio Nobel per la Letteratura) suonare davanti a un pubblico interessato allo scalpo visivo ma, soprattutto, chiedendosi – o facendoci chiedere – quante strade deve un uomo percorrere prima di potersi definire ‘fotografo’.
Le parole di Dylan sono tornate d’attualità negli ultimi giorni con l’annuncio dell’inizio del tour europeo di ‘Rough and Rowdy Ways’, l’ultimo suo album d’inediti in ordine di tempo, con partenza dalla Norvegia in settembre e arrivo in Scozia in ottobre, e insieme a Oslo e Glasgow una manciata di città europee, anche capitali, sebbene non svizzere. Con l’annuncio che l’artista è di nuovo on the road viene sdoganato anche un messaggio importante: gli smartphone non saranno ammessi.
"L’81enne leggenda della musica – scrive il Daily Mail – ha rivelato che i fan saranno costretti a chiudere i propri dispositivi in custodie appositamente fornite per godersi appieno il suo spettacolo, senza distrazioni". La notizia è di per sé una non notizia, se letta all’interno delle privazioni imposte da Dylan, che il Locarnese ricorda per le luci rosse sparate dal palco in direzione della Piazza Grande, a mandare in vacca – riuscendoci – qualsiasi tentativo di ritrarlo sul palco del Moon&Stars 2015.
La policy del ‘Niente foto, grazie’ quando si parla di Dylan è arcinota e, per come si sono evoluti i comportamenti umani dal primo smartphone scattante fotografie a oggi, lo zio Bob forse ci aveva visto lungo (e oggi ci sta così simpatico che quasi gli renderemmo le fotine scattate a Locarno, che comunque così male non erano).
La casistica dell’artista che a un certo punto sbrocca per via dei cellulari ha, senza distinzione specifica di arte, precedenti drammaticamente divertenti in: Toni Servillo che all’Arena del Sole, Teatro Stabile di Bologna, prima sbotta – "E basta co’ ’sti cellulari. Mica siamo scimmiette ammaestrate!" – e poi riprende ‘Le voci di dentro’ di Eduardo dall’inizio; Luigi Lo Cascio, che avrebbe interrotto un ‘Delitto e castigo’ definendo il pubblico un ‘Albero di Natale’; il maestro Daniel Barenboim, immobile sulla Sonata in la minore di Schubert per il flash di una spettatrice; il maestro Riccardo Chailly, che ferma il coro su ‘Patria oppressa’ dal Macbeth di Verdi e dice allo spettatore con lo smartphone trillante: "Risponda pure, noi riprendiamo dopo".
È nulla, viene da dire, rispetto a ‘quando c’era lui’: a Umbria Jazz 2007, al primo movimento di smartphone, Keith Jarrett – pianista rivoluzionario oggi impossibilitato a produrre arte per colpa di due ictus – così si rivolse alla piazza perugina: "Se vediamo ancora un flash, io, Jack De Johnette e Gary Peacock ci riserviamo il diritto di smettere di suonare e di lasciare questa maledetta città. Il privilegio di ascoltarci è vostro", apostrofando i fotografanti con o senza flash come "those assholes with cameras" (si rimanda a Google Translator; fonte Il Mattino di Padova, che nel luglio del 2013, annunciando il concerto alla Fenice di Venezia, titolò: ‘Spegnete i cellulari, c’è Keith Jarrett’).
"Con lui abbiamo chiuso", dichiarò quella sera del 2007 Carlo Pagnotta, patron di Umbria Jazz, per poi tentare una riappacificazione sei anni più tardi, sempre a Perugia: dopo avere chiesto rassicurazioni sulla presenza di telefonini tra il pubblico, non convinto Jarrett pretese di esibirsi a luci spente, lui al buio e gli altri musicisti illuminati: "Gli diedi del paranoico già nel ’74", dichiarò Pagnotta, dando comunque degli "imbecilli" a coloro che imperterriti, non memori di quanto accaduto in passato, fotografarono tutto il fotografabile.
C’è modo e modo, verrebbe da dire, di cercare la concentrazione. Le ‘Purple Rules’ del Prince ancora in vita, negli anni Dieci del Duemila, coprivano indistintamente macchine fotografiche, videocamere e telefoni cellulari, senza però che nessuno degli spettatori venisse accompagnato all’uscita (ironia della sorte, alcuni concerti erano sponsorizzati da Samsung). "Astenetevi, per favore, dallo scattare fotografie o registrare video. L’artista si distrae e, al contrario, v’incoraggia a essere parte attiva della performance e non a preoccuparvi di registrarla". E l’artista è Björk. "Stai affidando la tua memoria a un media decisamente imperfetto", sostenne Jeff Tweedy dei Wilco, rock band statunitense dalla storia quasi trentennale, affascinata dall’illusionista Criss Angel, che prima di un concerto a Las Vegas, per evitare di farsi soffiare i trucchi del mestiere, obbligò il pubblico a depositare i telefoni all’entrata.
Partendo dall’assunto che "i cellulari sono ormai collegati al sistema nervoso delle persone", entra qui in campo Yondr (www.overyondr.com), azienda statunitense fondata nel 2014 da Graham Dugoni (autore dell’assunto), uomo divisosi in gioventù tra lo sport e la tecnologia e poi consacratosi a quest’ultima realizzando custodie per telefoni cellulari che si chiudono con un lucchetto magnetico, un congegno simile ai tag di sicurezza dei negozi di abbigliamento, e si riaprono con relativo dispositivo di sblocco. È in questo modo che andremo tutti a sentire Bob Dylan: "I frequentatori dei concerti – scrive ancora il Daily Mail – dovranno inserire lo smartphone in una custodia Yondr, che verrà quindi bloccata. I telefoni rimarranno in possesso del proprietario ma non sarà possibile accedervi. Per utilizzare il telefono, la persona dovrà tornare alla stazione di ‘blocco e sblocco’, quindi spostarsi nella ‘zona di accesso al telefono’". Si apre qui la questione ‘urgenze’: come comunicare con la babysitter a casa col bimbo piccolo? Come evitare, mentre ci troviamo a Oslo a cantare ‘Like a Rolling Stone’, di perdersi – chessò – la fine del mondo in diretta a reti unificate?
(Attenzione: spoiler) Se non avete mai visto ‘The Others’ con Nicole Kidman, troverete un giorno qualcuno che a tavola vi dirà: "Ma quale? Quello che poi i fantasmi sono loro?", rendendovi del tutto inutile la visione del bell’horror-mistery-psicothriller di Alejandro Amenábar del 2001, dove i fantasmi sì, sono proprio loro. Vale anche per ‘Il sesto senso’ ("Quale? Quello che lui è già morto?") e per ‘The Game’ ("Ma se c’è scritto nel titolo che è un gioco, perché dovrebbe essere reale?"). Allo stesso modo, una ristretta cerchia d’illustri stand-up comedian americani capitanata da Chris Rock (quello preso a schiaffi da Will Smith agli ultimi Oscar®) ha visto in Yondr il rimedio alla diffusione online dei momenti clou dei propri spettacoli. Lo stesso vale, si diceva, per i maghi, nudi come i propri magici segreti di fronte agli obiettivi della sala con tutti i rischi del caso.
Va da sé che se oggi riprendessimo Topo Gigio in azione col più economico degli smartphone, la ‘Modalità notte’ inquadrerebbe – perfettamente distinguibili, seppur vestiti di nero su sfondo nero – tutti i validi animatori scelti da Maria Perego (1923-2019, sua creatrice), per muovere il pupazzo antropomorfo. Tutto questo per "la definitiva caduta dell’età dell’innocenza" (cit. G. Fornasier).
Citando "il primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini messo a punto dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre" (fonte: Wikipedia), nella canzone ‘Lampo’, gli Elio e le Storie Tese analizzavano il problema già nel 2013: "Sai che mi hai davvero importunato con la dagherrotipia? Gradirei che la mia pulcra (sic) imago rimanesse solo mia", desiderio dei molti (tutti) finiti presto o tardi negli smartphone dei videoamatori telefonici senza aver rilasciato alcuna autorizzazione. ‘Lampo’, d’altra parte, conteneva una rassegnata presa di coscienza sui tempi moderni: "Col social, l’è inscì".
Tornando a Dylan, per chiudere col dorato mondo della canzone, non tutti in verità la vedono come Mister Tamburino: "Ho sentito dire che sempre più artisti cercano di vietare i telefoni cellulari ai loro concerti. Anche se mi trovo d’accordo sul fatto che la registrazione con lo smartphone sia l’opposto dell’essere ‘presenti’, penso che se paghi un bel po’ di dollari per venire a vedermi suonare dal vivo tu possa fare più o meno quel c**** che ti pare". Parola di Richard Marx, indimenticato autore della ballad ‘Right Here Waiting’, traducibile con ‘Sono qui che ti aspetto’ (qui, con lo smartphone in mano…).
Keystone
Anche Brian May (Queen) la pensa diversamente...