Speriamo che le ricorrenti manifestazioni piazzaiole a favore della Palestina cessino se non del tutto almeno di frequenza e d’intensità. La Palestina, da primigenia culla del popolo ebraico, approdato colà nel XVIII sec. a.C., in seguito, dall’Egitto, guidato da Mosè si stabilì verso la metà del XIII sec. a.C. in Palestina. Questo per dire che gli ebrei sono “palestinesi” ben prima dei maomettani, il cui profeta Maometto nacque nel 670 d.C. alla Mecca, quindi ben dopo Gesù Cristo. Per sommi capi si potrebbe dire che la cattiva nomea che nel corso dei secoli è stata attribuita agli ebrei è dovuta principalmente al tradimento perpetrato dall’apostolo Giuda Iscariota nei confronti di Gesù Cristo, che sfociò poi nel deicidio.
Dato che l’aggettivo ebraico viene spesso considerato sinonimo di israelitico, è stato fatale che tutte le “colpe” dei primi siano state connaturate ai secondi. Ne seguì, come noto, tutta una sequela di persecuzioni, ghetti, ostracismi, espulsioni nei confronti degli ebrei, i quali, a quanto è dato sapere, facevano poco o nulla per ovviare a queste derive. Tale perenne scalata negativa sfociò poi nell’Olocausto, compiuto dai nazisti di Hitler nell’ultima guerra mondiale. Olocausto, derivante dal greco, che significa “cosa interamente bruciata”, quindi termine non scelto a caso.
Da ricordare che nel 1948, con il ritiro della Gran Bretagna dai territori e la risoluzione dell’Onu, si dette luogo alla creazione dell’attuale Stato d’Israele.
Dopo questo breve excursus biblico e storico, senza pretese, appare ovvio che le manifestazioni a favore dei “palestinesi” inscenate di frequente con sfilate e slogan nelle pubbliche vie e piazze, non si rifanno di certo alla mitologia e alla storia antica, meno antica e recente della regione mediorientale. Ritengo che oggi Israele sia diventato una sorta di capro espiatorio del conflitto in corso.