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Diversità è tradizione

Blasfemìa, volgarità e perversione sono oggi i sinonimi della tanto proclamata diversità, quella che per forza dev’essere inclusiva e inclusa nella nostra società odierna... Sono i segnali evidenti di una civiltà in decadenza, come lo fu per l’Impero Romano e per la Magna Grecia, che forse però non arrivarono a tanto squallore. Nelle inaugurazioni come quella delle olimpiadi parigine, ma fu anche il caso dell’apertura del tunnel del Gottardo, non c’è più alcun gesto di estetica, né di bellezza, né di elevazione al divino. Solo una sfacciata trasgressione, che fa breccia nella nostra normalità e vi s’impone con prepotenza. E guai a dire che non piace. Così la scena dionisiaca che somiglia tanto all’ultima cena è risultata indigesta a molti, credenti e non. Che la Francia voglia accompagnare l’Occidente verso il declino? Siamo forse già così vicini alla sua fine? E noi inermi a guardare, come fosse uno spettacolo nel quale non siamo coinvolti? Non dire nulla, non fare nulla, equivale ad accondiscendere. Oppure il silenzio può significare che la questione è tanto grave da non sapere come affrontarla. In realtà è molto più semplice di quel che si possa credere, basta avere il coraggio di dire NO. Un’alternativa c’è a tutta questa enfatizzazione innaturale della diversità: il primo di agosto almeno in Svizzera è stato un giorno particolarmente propizio per ricordare in quali valori vale ancora la pena credere, quei valori tradizionali che si tramandano da generazioni e che dovrebbero ancora oggi nella cosiddetta società moderna riuscire a mantenerci uniti nell’amore per una Patria che nei secoli riesce a preservare la pace tra i popoli, quelli che la costituiscono, tanto diversi fra loro. È questa la diversità nella quale vale la pena costruire il nostro futuro.

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