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Denatalità e ‘nuove donne’

L’intervista di Simonetta Caratti (‘laRegione’, 17.2.2024) a Elio Venturelli merita alcune sommarie considerazioni. (1) Non si emigra per fare figli, ma per lavoro e soldi. A Basilea Città gli stipendi sono migliori ma le culle altrettanto vuote. (2) Solo le donne portano avanti una gravidanza e danno la vita: il potere immenso (in disuso) di controllare le nascite. (3) Dopo le femministe, ecco le “nuove donne” del post-femminismo e della folle cultura “woke” (disforia, trans-gender, non binari ecc.). (4) La denatalità è iniziata negli anni 70, poco dopo la rivoluzione sessuale del ’68. (5) Da quando gli uomini scalpitano o sentono l’impulso di diventare padri? (6) Le “nuove donne” non figliano proprio quando sono più fertili (sotto i 30 anni), ma lo desiderano sempre più tardi (dopo i 40 anni). (7) La legittima emancipazione è una libertà che la società paga con la denatalità. (8) Siamo gli stacanovisti europei, ma lo stress è nemico della libido e del desiderio (anche sessuale). (9) A monte di ogni nascita c’è l'incontro uomo/donna: oggi chi si incontra più? (10) Crisi della famiglia, della paternità, della coppia, ora della maternità: e poi? (11) Assegni, asili, tempi parziali ecc. sono cerotti inutili: non s’incentiva la nascita, la si vuole o no. (12) Sono sempre stati i poveri a fare più figli, non i ricchi. (13) Meno figli significa meno elettori e meno democrazia, a meno che ci pensino gli stranieri più prolifici di noi (ma non possono votare). (14) I giovani della “generazione Z” (1996-2010) sono protagonisti della cosiddetta “recessione sessuale” mai vista prima: nulla di buono per il futuro.