Tre anni fa la sinistra ticinese ottenne un (insperato) successo storico: l’elezione di un proprio rappresentante al Consiglio degli Stati. Questo risultato fu possibile grazie alla coalizione di tutti i partiti dell’area progressista. Ora, in seguito a una scelta autonoma di Ps e Verdi in relazione alle elezioni cantonali del 2023, quello storico successo sarà vanificato, cancellato. Il seggio al Consiglio degli Stati, ancorché di non semplice riconquista, avrebbe buone possibilità di essere mantenuto a una sola condizione: la ricandidatura di Marina Carobbio. Innanzitutto perché candidata uscente e inoltre perché la "senatrice" ha onorato la carica acquisendo popolarità e prestigio a livello trasversale.
Un minimo di realismo e di conoscenza del Paese politico ci dicono che oggi non c’è in Ticino, nella galassia progressista, una personalità in grado di ripetere tale successo. Con la rinuncia di Marina Carobbio a combattere per questo obiettivo (optando per un seggio sicuro a Bellinzona) la sinistra dichiara la propria resa e un corto respiro nella visione politica generale. La cosiddetta nuova formazione "rossoverde" non si è neppure degnata di valutare con i componenti dell’alleanza vittoriosa del 2019 le conseguenze della loro scelta, badando solamente a spiccioli interessi di bottega in chiave cantonale.
Purtroppo le beghe di cortile relative a poltrone e a personalismi hanno di fatto rimosso questo problema, evidenziando i limiti e la miopia di gran parte dei "progressisti" ticinesi. Evidentemente gli avversari ringraziano.