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La cura della vita al San Carlo di Locarno

18 agosto 2022
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Vivere, attraverso i racconti di mia moglie, lo scorrere del tempo del padre ospite presso l’Istituto San Carlo di Locarno, può essere sorprendente non solo per la professionalità ma anche per la qualità di vita offerta. La qualità di vita non coincide solo con il soddisfacimento dei bisogni ma trae origine dal contesto che l’équipe curante riesce a instaurare con le persone anziane che trascorrono giorni, mesi, anni nella struttura che diventa "casa", animata dal personale di cura che a loro volta diventa "famiglia". Creare un contesto familiare non è scontato; implica andare al di là della pura professionalità, che sebbene fondamentale, non basta per generare benessere. Il benessere lo si crea tramite piccoli gesti; assicurarsi che l’anziano non abbia freddo durante la notte ricoprendo i suoi piedi con delle stoffe di lana, che gli sia assicurata l’igiene, che il suo aspetto sia sempre curato, profumato, che senta calore, vicinanza, che possa riporre fiducia nelle persone che lo accudiscono quotidianamente; allora paradossalmente la famiglia passa in secondo piano. Non si tratta di un allontanamento, di una rottura, ma di un cambiamento, per così dire, nell’attaccamento, orientato verso coloro che sente vicino, disponibili a dargli una mano in caso di necessità. E l’intensità della cura e della relazione si intensifica con il passare del tempo, diventa una relazione familiare dove la famiglia rappresentata dal personale curante supporta i momenti difficili dell’anziano. La grande umanità di chi si prende cura di lui accetta il suo modo di essere nel rispetto della dignità. L’équipe curante sostiene anche i familiari con i quali intesse una relazione di reciproco scambio che si perpetua con il passare del tempo; famiglia ed équipe curante costruiscono una reciproca conoscenza basata sulla fiducia e la condivisione di dubbi e perplessità: "Come va il papà oggi?"; "ha mangiato?". Quando il comportamento non è adeguato perché si assiste a degli scatti di rabbia, allora i familiari sentono il bisogno di scusarsi vivendo una sorta di senso di colpa; con eleganza l’équipe curante quieta ansie e preoccupazioni. Nessun disappunto, nessuna contrarietà ma comprensione, apertura e pacatezza: "Non si preoccupi Signora… siamo abituati". Adesso il papà si è spento; si è affidato nelle mani della "sua famiglia curante", immerso in un ambiente confortevole, dove aleggiavano le melodie delle sue canzoni ticinesi preferite, sapendo che non sarebbe mai stato abbandonato, percependo l’andirivieni delle visite continue e regolari del personale curante, il cui obiettivo poneva il compito di dargli conforto, inumidendogli le labbra, attivando al tempo stesso un vaporizzatore che rilasciava un minuscolo getto di vapore, frammisto a un’essenza naturale rilassante etichettata con il nome "serenity"; ed ecco allora, che il gesto professionale si trasforma in grande umanità, molte volte dimenticata dalla frenesia del nostro vivere. Ma adesso la vita ha preso un’altra direzione. Il papà ha lasciato la cosiddetta vita terrena lasciando tracce indelebili che testimoniano gli insegnamenti trasmessi a chi gli era vicino. Colui che ha saputo cogliere e apprezzare la loro ricchezza e profondità porta in sé dei messaggi di vita di valore inestimabile, delle "perle di saggezza". Non mi resta che ringraziare il personale curante del terzo piano dell’Istituto San Carlo per aver accompagnato il papà di mia moglie nella "pace eterna".