Una guerra è in pieno corso, nessuna prospettiva di soluzione pacifica si prospetta all’orizzonte e tra i belligeranti è un crescendo di efferati crimini e massacri. Il divario tra i due contendenti è palese: da una parte un popolo in lotta per sottrarsi al giogo dell’imperialismo russo, dall’altra un esercito tecnologicamente molto più avanzato che bombarda a tappeto, radendo al suolo interi centri abitati, distruggendo vie di comunicazione, facendo terra bruciata attorno all’arretrato, ma tenace, deciso ed eroico rivale. Ma nessuno dei due contendenti ha intenzione di cedere, mancando i presupposti per una tregua reciprocamente vantaggiosa. Ed è così che il più forte, allo scopo di accelerare l’apertura di un tavolo negoziale, minaccia l’uso di armi micidiali come ultima spiaggia per intimorire l’avversario. Chi, in un contesto di guerra, mostrando in mondovisione un’espressione deformata dal livore, agita lo spettro della guerra totale, dell’annichilimento dell’altra parte, dell’utilizzo dell’arma suprema nucleare, lo fa per terrorizzare psicologicamente l’avversario e il mondo intero. La "teoria del pazzo" vede nella paura un deterrente e nel terrore un potenziale dissuasore. Questa la logica della messa in stato di allerta del sistema di deterrenza nucleare, della pioggia di dichiarazioni sull’internazionalizzazione del conflitto e degli annunci rivolti al popolo sul prepararsi allo scenario peggiore. Ma la logica prevalente suggerisce che una terza guerra mondiale non conviene, oggi come oggi, a nessuno. Un aggravamento del conflitto è l’ultima cosa di cui il Cremlino adesso avrebbe bisogno. Una via di uscita, non un vicolo cieco, è ciò che l’aggressore sa di dover cercare. Il pianeta ha quindi ancora ampi margini di salvezza prima di una possibile catastrofe.