Si è svolta lo scorso 21 ottobre a Bellinzona una serata pubblica organizzata dalla Tavola rotonda sui grandi carnivori con l’obiettivo di far conoscere, a chi non è coinvolto, come vivono gli allevatori una o più predazioni da parte del lupo. Purtroppo la partecipazione è stata piuttosto scarsa e soprattutto la maggior parte dei presenti erano allevatori di bestiame minuto o loro familiari. Pochi coloro che avrebbero potuto “imparare qualcosa”. Eppure è stata una serata molto interessante e riuscita. Si è iniziato con l’ascolto di sette testimonianze di allevatori o allevatrici, giovani e anziani, ticinesi e da fuori cantone, che hanno subito una o più predazioni, raccolte da Federico Tettamanti. Testimonianze vere, coinvolgenti, a volte anche struggenti.
In seguito lo psicoterapeuta Francesco De Marco, estraneo fino a questa occasione alla problematica lupo, ha tenuto una conferenza sul tema basandosi su una sua apposita ricerca fatta consultando una serie di pubblicazioni che negli scorsi anni hanno affrontato lo stesso problema. Tantissimi gli spunti interessanti che ha scoperto e che ha ripreso. Ne cito alcuni.
Il conflitto tra lupo e animali al pascolo c’è sempre stato. In passato le soluzioni adottate sono state essenzialmente due: sterminare il lupo o rimanere in conflitto. Infatti nessuno studio illustra una felice convivenza con il lupo e il sentimento di malessere lo si ritrova presso tutti i popoli e durante tutti i periodi storici. De Marco ha poi descritto i sentimenti che emergono di fronte al lupo evidenziando quelli che più facilmente possono portare l’allevatore a soffrire di problemi psichici. La rassegnazione, la tristezza e l’apatia dovute all’incertezza riguardo al futuro della propria attività, all’impotenza di fronte al danno subito, alla ripetitività dei fatti, al sentirsi abbandonati dalle autorità sono i sentimenti più pericolosi. Le emozioni più forti dipendono anche da fattori personali dell’allevatore e della propria famiglia: fino a 35/40 capi allevati (come lo sono la maggior parte delle aziende ticinesi) vi è più attaccamento emotivo nei confronti dei propri animali; l’età dell’allevatore come la tradizione familiare sono pure fattori che possono peggiorare il modo di vivere l’attacco. Per tutti la comparsa del lupo ha significato il passaggio da un “lavoro vero” (accudire i propri animali, fornire loro benessere, valorizzare latte e carne) a un “lavoro sporco” (raccogliere le carcasse, sopprimere animali gravemente feriti, curare quelli feriti, cercare i dispersi, riparare le recinzioni ecc.). E questo affatica molto di più.
La conclusione è stata abbastanza chiara: la reazione normale dell’uomo di fronte a emozioni forti è quella di condividerle con gli altri. Non poterlo fare, aumenta il rischio di perdersi. E si sa che gli allevatori di bestiame minuto in Ticino non sono la categoria più estroversa, più numerosa e più forte. È quindi evidente la necessità di un aiuto anche esterno come lo dovrebbe essere, ad esempio, il Progetto sentinelle, presentato in chiusura da Stefania Mastrillo.