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Chi è diverso?

Siamo veramente capaci di accettare chi è “diverso”? Oltre l’apparente tolleranza, esiste un autentico rispetto per chi esce dalla “norma”? Si sa che ogni essere umano è unico, le differenze esistono e vanno riconosciute. Per parlare di “diverso” dovremmo almeno partire da ciò che invece non lo è, ciò che viene generalmente definito “normale”: innanzitutto dovremmo renderci conto che essere normali vuol dire semplicemente stare nella norma, ovvero aderire al comportamento più comune, non certo, per questo, naturale, “giusto” o lecito. Se ad esempio vivessimo in una società in cui vige la pena di morte, tale condanna sarebbe “normale, e diverso sarebbe considerato chi invece ne vorrebbe l’abolizione. Spesso invece finiamo per fraintendere ciò che è normale come qualcosa di corretto, giusto, naturale”, relazionandoci con le persone e le situazioni che si discostano da questa normalità in modo diffidente e a volte anche aggressivo. Il bisogno di sentirci sicuri è uno dei punti fondamentali per un essere umano, e già Maslow aveva elaborato una teoria dei bisogni, negli anni Settanta, in cui poneva alla base delle necessità umane il senso di sicurezza e protezione.

Ciò che è diverso, coloro che escono fuori dalla norma, rappresenta un’incognita, è sconosciuto e, quindi, potenzialmente pericoloso. Il nostro bisogno di sicurezza ci spinge a diffidare e ci porta anche a temere ciò che non conosciamo e comprendiamo. Questo significa che la paura del “diverso” è un istinto naturale dell’uomo? Non credo proprio: significa invece che è una reazione all’ignoranza che abbiamo di fronte a ciò che esce dagli schemi consolidati, alla routine, al comportamento delle maggioranze. Parlare di omofobia, piuttosto che di intolleranza religiosa o culturale, significa porre l’accento sulle paure che la gente conserva nei confronti di quanto non conosce. L’ignoranza è ciò che alimenta la paura: temiamo le cose che non conosciamo perché potrebbero farci soffrire. In questo caso il “diverso” è visto come un “problema” per la collettività ed è inteso come un carico e un onere di cui la società ha l’ingrato compito di occuparsi. Se vogliamo cambiare in positivo, se vogliamo migliorare noi stessi e anche la società che ci circonda, dobbiamo iniziare con il cercare di capire e comprendere tutte le sue sfumature, tutte le particolarità; imparando a conoscere, e rispettare, verrà meno la paura. Madame Curie diceva “non c’è niente di cui aver paura, c’è solo da capire”, e sono convinto che se iniziassimo a guardare alle novità, qualsiasi esse siano, con un’apertura mentale volta a comprendere e accettare, potremo costruire una società migliore e pacifica per tutti noi.