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Legge sull’identificazione elettronica: solo vantaggi?

La recente approvazione della legge sull’identità elettronica in Svizzera è stata presentata come un passo fondamentale verso la digitalizzazione del Paese. Dal 2026, l’eID sarà gratuita e su base volontaria, permettendo ai cittadini di accedere a servizi digitali e procedure amministrative in modo più veloce. Tuttavia, questa volontà dell’Assemblea nazionale non convince tutti.

Già nel 2021, un primo tentativo di introdurre l’eID, affidato a operatori privati, è stato bocciato dal 64,4% degli elettori. La popolazione aveva chiaramente espresso la propria diffidenza verso una gestione commerciale dell’identità digitale. Nella nuova versione, lo Stato è chiamato a garantire la gestione dei dati, ma i timori non sono scomparsi.

In particolare, ci sono seri dubbi sulla sicurezza dell’intera procedura di identificazione online. Il Consigliere agli Stati Pirmin Schwander ha messo in evidenza come, dal punto di vista tecnico, la gestione e memorizzazione di dati biometrici comporti rischi elevati di abuso e di accesso improprio. La crescente centralizzazione di questi dati personali preoccupa non solo per i potenziali attacchi informatici, ma anche per il rischio di un crescente controllo sulla popolazione.

Un altro aspetto critico riguarda l’assenza di protezioni sufficienti per gli utenti nei confronti delle grandi aziende tecnologiche. La legge, infatti, non prevede meccanismi chiari per tutelare i consumatori dall’uso inappropriato dei loro dati o da pratiche abusive. Inoltre, l’eID sembra fungere da ponte per connettere diversi sistemi digitali, come il passaporto vaccinale, la donazione di organi o il denaro digitale della banca centrale (Cbdc), aprendo scenari inquietanti di controllo e sorveglianza. La digitalizzazione sembra, di fatto, una via per introdurre normative che potrebbero erodere ulteriormente le libertà individuali, sotto il pretesto dell’efficienza.

Preoccupante è altresì il rischio di discriminazione. Sebbene l’eID sia presentata come facoltativa, è lecito chiedersi se chi non vorrà o non potrà utilizzarla si troverà escluso da certi servizi. L’esperienza insegna che spesso ciò che è volontario in un primo momento diventa di fatto obbligatorio a causa delle pressioni sociali o delle pratiche commerciali. È quindi legittimo domandarsi se, nel tempo, coloro che scelgono di mantenere un’identità fisica non saranno svantaggiati o, peggio, emarginati nella società digitale che si sta creando.

In sintesi, mentre la facciata dell’efficienza e della modernizzazione può sembrare allettante, i rischi e le incognite dell’eID non sono da sottovalutare. Il timore di un controllo crescente, la centralizzazione dei dati e la mancanza di protezioni reali per i cittadini sollevano domande che non possono essere ignorate. L’eID, più che una semplificazione della vita quotidiana, potrebbe diventare uno strumento di controllo e una potenziale esclusione per chi non si conforma al nuovo ordine digitale.

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