Il conflitto è assicurato: più superfici dedicate alla biodiversità significherà automaticamente meno spazio per tutto il resto... o no? La retorica di una somma zero è largamente semplicistica. Un aumento delle superfici dedicate alla biodiversità è, nella stragrande maggioranza dei casi, legato piuttosto a una gestione sinergica di superfici già adibite ad altri scopi, quali l’agricoltura o lo sviluppo urbano. La convivenza pacifica e spesso mutualistica con la biodiversità è già oggi realtà. Pensiamo al Parco delle Gole della Breggia, un parco che sottostà a un piano di utilizzazione cantonale (Puc) sulla cui superficie convivono conformazioni geologiche uniche, il torrente Breggia e la sua varietà di specie floristiche e faunistiche, come pure esercizi di ristorazione, superfici agricole e numerose aree di svago dedicate alla popolazione. Garantire la convivenza dei numerosi obiettivi non è sempre semplice, ma permette di mantenere un’isola di rigenerazione e connessione naturale in un territorio, quello del Mendrisiotto, attraversato da un’indubbia proliferazione urbana. Alcune dichiarazioni dei contrari, come per esempio che l’iniziativa chiederebbe il 30% delle superfici dedicate alla biodiversità, sono semplicemente false. Non vi è nessuna quantificazione, una definizione che verrà definita dal Parlamento e dal Consiglio federale, proprio per lasciare una sufficiente flessibilità. Non abbandoniamoci a semplicismi: gestire il territorio è e deve essere prima di tutto a vantaggio della collettività, e ciò richiede compromessi e non semplicistiche interpretazioni in bianco e nero. L’urgenza? 1/3 delle specie animali e vegetali svizzere è in pericolo o già estinto, con esso le basi della nostra sopravvivenza. Votiamo sì il 22 settembre all’iniziativa biodiversità!