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Non si gioca con i soldatini sul tavolo

(Ti-Press)

Sono passati più di tre anni dallo sgombero e dall’abbattimento di parte del complesso dell’ex Macello di Lugano. Solo ora, lentamente, si sta iniziando a delineare con maggior chiarezza non solo ciò che è avvenuto quella notte, ma anche il contesto e le decisioni che hanno preceduto quelle ore in cui si è scritta una pagina triste del nostro Comune. L’articolo pubblicato su questa testata il 30 luglio scorso evidenzia come l’operazione di sgombero e demolizione fosse stata accuratamente pianificata dallo Stato maggiore della polizia (cantonale e comunale). Questa preparazione, negata pubblicamente e minimizzata per evitare ripercussioni, ha messo in luce un quadro preoccupante. Quando si commettono errori di tale portata, sia funzionari che politici coinvolti devono assumersi la responsabilità delle loro azioni.

Non intendiamo innescare una caccia alle streghe. Siamo consapevoli che l’inchiesta in corso potrebbe concludersi senza condanne e quindi senza responsabilità a livello penale. Tuttavia è fondamentale, a livello politico, fare piena luce su quanto accaduto per preservare la trasparenza e l’affidabilità delle istituzioni, che in questo contesto molte persone hanno messo in dubbio: in strada a manifestare la propria indignazione nel 2021 eravamo oltre 3’000.

L’ipotesi che oggi emerge è che la polizia abbia agito autonomamente nella pianificazione e nell’esecuzione dell’operazione, cercando poi di insabbiare il tutto dietro "segreti" che il Giudice dei provvedimenti coercitivi non ha ritenuto tali, accogliendo la richiesta del procuratore generale di dissigillare dei documenti interni dello Stato maggiore. Che l’operazione di sgombero dell'ex Macello fosse un affare di esclusivo apprezzamento politico era un dato di fatto. E qui il punto politicamente rilevante è che i responsabili politici di queste operazioni sembrano tuttavia non aver avuto alcun controllo sulla macchina amministrativa, pare che non fossero nemmeno in possesso delle informazioni del caso. Se confermata, questa situazione sarebbe estremamente preoccupante, poiché evidenzierebbe un’assenza di potere da parte dei rappresentanti democraticamente eletti sui vari organi amministrativi, in particolare sulla polizia. È inaccettabile che un corpo di polizia possa agire in questo modo, senza rendere conto a nessuno e addirittura cercando poi di negare le informazioni per fare luce sull’accaduto: non può permettersi di giocare con i soldatini sul tavolo in una vera e propria operazione di bullismo. Altrettanto inaccettabile sarebbe se pure i rappresentanti politici fossero stati informati e non avessero messo in dubbio una strategia come quella impiegata.

Considerando che l’esito di questa vicenda è stato già molto negativo, è imperativo fermare immediatamente questo tipo di comportamenti e far si che chi ne è responsabile se ne assuma le conseguenze. Altrimenti, rischiamo che si verifichi un altro macello in futuro. Questa preoccupazione non è infondata: abbiamo già in realtà visto il Comune di Lugano opporsi a iniziative che una parte significativa della popolazione sostiene, specialmente quando si tratta di realtà alternative. Invece di valorizzare queste esperienze, si preferisce promuovere modelli più convenzionali e “chic” che rappresentano solo una parte della città. Siccome è estate e il caldo può dare alla testa, ci auguriamo che certe "iniziative" possano rivelarsi semplici colpi di sole.

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