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Il baricentro politico

(Keystone)

Un certo numero di anni fa, trovandomi a Berlino, mi colpì un grande poster che ritraeva un motociclista. La didascalia diceva “Gas geben”, che in italiano significa “dare gas”. Si trattava di un manifesto elettorale dell’Afd, ossia dell’Alternative für Deutschland, un allora emergente gruppo neonazista. L’allusione, chiaramente, era ai campi di sterminio e agli ebrei. Tuttavia, chi avesse cercato di portare in tribunale gli autori del manifesto, avrebbe ottenuto una risposta sul tipo “ciò che intendiamo comunicare è che il nostro movimento sta andando veloce e cresce nei favori dell’elettorato!”.

La democrazia, proprio per il suo carattere essenzialmente garantista, presenta delle brecce entro le quali gruppi politici autoritari riescono a infilarsi, con l’uso della mistificazione e della menzogna. Esempi come quello riportato nelle righe precedenti, ispirati al principio “qui lo dico e qui lo nego” sono sempre più frequenti e mettono in luce le vulnerabilità dei sistemi politici liberaldemocratici occidentali, a cui è urgente cercare di porre rimedio. Tra le strategie messe in atto dai gruppi dell’universo della destra autoritaria brilla l’approccio della “rana bollita”. Proprio come una rana che non si accorge del graduale aumento della temperatura nella pentola e finisce bollita, una volta al potere, questi schieramenti introducono a poco a poco cambiamenti che a lungo andare minano il corretto equilibrio democratico, veri e propri elementi dirompenti rispetto ai contenuti umanistici e partecipativi presenti in molte costituzioni. In Europa, l’Ungheria è un caso evidente di tale tendenza, ma l’esempio che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente è quello dell’Italia, teatro di una recente modifica costituzionale dal carattere autoritario, ossia il cosiddetto premierato.

Nella vicina penisola, interpretando il mito per cui sono i leader forti a risolvere i problemi dei Paesi, Meloni ci mette la faccia e dà l’impressione della leader risoluta che risolve i problemi dell’Italia senza cincischiare. Nel frattempo, dietro le quinte avviene un assalto ai punti-chiave del sistema democratico, a suon di colonizzazione dell’informazione pubblica e di spregiudicata appropriazione dei centri di potere del sistema. Questo approccio è caratteristico delle politiche post-fasciste. Esse rinunciano infatti a un certo numero di manifestazioni tipiche dei precedenti movimenti fascisti e neo-fascisti – vale a dire quelle più discutibili e impopolari – mantenendo però intatto l’aspetto autoritario di fondo. L’effetto è uno spostamento del baricentro politico che rende poco a poco consueti aspetti in realtà stridenti se confrontati con i principi costituzionali democratici.

Allo stesso tempo, occorre constatare che le lezioni della storia stanno perdendo sempre più la loro efficacia. Infatti, dimenticando il ruolo dei conservatori nello spianare le porte del Reichstag a Hitler, parte dei Républicains francesi (gli eredi del gollismo) stringono oggi un’alleanza con Marine Le Pen, che non sarà di certo il Füher, ma neppure un esempio di coerenza con i valori repubblicani francesi. In Germania, l’Afd miete un vasto successo, in particolare a Est.

Stanno quindi suonando diversi campanelli d’allarme per la salvaguardia delle conquiste civili faticosamente raggiunte dalle società democratiche a partire dal secondo dopoguerra in Europa, dove la guerra è stata in sostanza bandita per un settantennio, e dove si sono sviluppate condizioni di vita e di civiltà mai verificatesi altrove, in campi che vanno dai diritti dell’uomo alla socialità, all’attenzione alle tematiche ambientali all’integrazione fra culture diverse. È oggi importante che le forze progressiste e democratiche facciano fronte comune, rafforzando i valori costituzionali positivi e contribuendo a frenare la deriva autoritaria che sta interessando il nostro continente. In questo contesto, benché il sistema politico svizzero mostri una notevole resilienza (si pensi ad esempio alla fine che ha fatto a suo tempo Blocher), è innegabile che l’asse politico stia slittando verso destra. Non basta tuttavia limitarsi a opporsi alle tendenze in atto: occorrono politiche allo stesso tempo popolari e innovative, quali la riduzione del tempo di lavoro e la settimana corta, lo sviluppo di iniziative culturali allo stesso tempo umaniste e accessibili, politiche educative centrate su aspetti quali la comprensione, la capacità di critica costruttiva e l’etica vissuta, proposte globali di riforma del sistema sanitario, ad esempio prendendo spunto da quanto avviene nei Paesi scandinavi, dove qualità delle cure non significa costi astronomici, e infine saper coniugare politiche ambientali, sociali e occupazionali. Non si tratta di un compito facile, ma neppure di un’utopia irraggiungibile. Detto in altri termini, all’espansione della destra autoritaria è necessario oggi più che mai rispondere con politiche e obiettivi concreti che rimettano l’essere umano e i suoi diritti al centro.

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