La cosa più difficile di un cambiamento è percepirlo prima di sbatterci contro, come è avvenuto con il no popolare all’acquisto del palazzo Efg. Parlo, purtroppo, degli effetti della progressiva riduzione del rilievo simbolico della giustizia e della percezione della sua importanza. Sono in tanti a doversi interrogare: chi non esita a svillaneggiare i magistrati, chi non ha provveduto tempestivamente alle risorse e alle riforme necessarie, chi non ha sempre scelto i candidati migliori o chi, tra i prescelti, non si è in seguito mostrato sempre all’altezza dei compiti assegnatigli. Aggiungiamo chi ha politicizzato le decisioni giudiziarie o giudiziarizzato i temi politici, mediatizzato le procedure in modi a volte distorsivi, alimentato il fiume delle indiscrezioni senza pensare alle conseguenze e così via. Una sequenza di cause anche eterogenee che via via richiamano responsabilità non da ignorare, anzi, ma neppure da assegnare solo a questo o quello dei vari coinvolti. Ognuno rifletta, ponendosi però all’altezza del momento e dell’importanza del tema.
E allora? Ci ha lasciato detto un immenso poeta tedesco che là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva: speriamo sia vero anche in relazione al futuro della giustizia ticinese. L’esito del voto di domenica 9 giugno 2024 produrrà un soprassalto civile e politico al contempo? Nei difficilissimi anni 90 del secolo scorso, lo ha opportunamente ricordato qualche tempo fa una protagonista di allora, il Ticino seppe scuotersi e creare istituzioni come Usi e Supsi. Saprà, oggi, soccorrere la sua giustizia prima che sia troppo tardi? Stando ad alcune dichiarazioni post voto ci sarebbe motivo di cauto ottimismo. I cantieri sono ben noti: risorse, organizzazione del lavoro e dei suoi flussi, digitalizzazione, istanze di controllo, procedure e criteri di nomina, logistica e altro ancora. Non mancano le proposte, neppure in sede parlamentare. È possibile pensare che si trovino presto le convergenze necessarie per concretizzare e darsi obiettivi, calendari e percorsi definiti e tassativi? Con conseguenze e responsabilizzazioni, non lamenti o rinvii, in caso di inadempienza?
Mi permetto di restare fiducioso, non potendo credere che chi ha la responsabilità di fare resti inerte davanti allo scenario di un Ticino che sembra aver smesso di credere alla giustizia come a un valore che resta fondante solo se è concretizzato giorno per giorno dalle istituzioni che devono renderla. Il rilievo del tema va oltre le preoccupazioni degli addetti ai lavori e persino quelle delle – pur tantissime – persone o aziende concretamente coinvolte in procedure quali imputati o vittime, creditori o debitori, attori o convenuti, istanti od opponenti. Nello scenario di frammentazione-delegittimazione-polarizzazione-disorientamento che da tempo investe il Ticino, trascurare l’istituzione che garantisce la legalità ha conseguenze purtroppo immaginabili. Chi vincerebbe, chi perderebbe? Che comportamenti si favorirebbero? Che esempi? Chi, cosa sarebbe ancora preso sul serio?