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Bandiera bianca

Papa Francesco è nell’occhio del ciclone, dopo le sue dichiarazioni riguardo al coraggio di trattare e anche – se fosse l’unico modo per perseguire il bene supremo della pace – di alzare bandiera bianca.

L’esternazione del Papa può apparire poco diplomatica (anzi lo è), ma allo stesso tempo può sembrare preferibile alla muscolare affermazione di Zelenskj, secondo il quale l’Ucraina tratterebbe soltanto dopo che le truppe russe si fossero ritirate da tutti i territori ucraini occupati; in altri termini, dopo che la Russia fosse stata sconfitta.

In un’ottica di “Realpolitik”, bisogna tener conto di due fattori: primo, che con la guerra, in caso di sconfitta, Putin rischia il posto e magari la “pelle”; secondo, che per scongiurare tale scenario, Putin potrebbe indossare i panni di Sansone (“muoia Sansone con tutti i filistei!”) e adottare rimedi estremi, quali il già ventilato ricorso all’arma nucleare.

Va tenuto conto anche – a quanto pare anche in base alla storia – dell’assuefazione del popolo russo al dominio di despoti assoluti e sanguinari. In effetti, non si vede nemmeno l’ombra di qualche dissenso interno, se non da parte di qualche ammirevole martire isolato, di fronte al disastro, per la Russia, di questa guerra in termini di vite umane, danni all’economia ecc.

Il fatto che l’appello del papa a trattare e (ipoteticamente) ad arrendersi sia indirizzato soltanto all’Ucraina è dovuto forse alla consapevolezza che parlare a Vladimir (anche nome del Gran Principe che fece grande Kiev fino all’invasione dei mongoli, e cristianizzò la Russia) sia come parlare a un muro, come sperimentò Macron tentando invano di convincere Putin a non aggredire l’Ucraina.

Senza giustificare niente né nessuno, bisogna anche tener conto dei “pretesti” costituiti dagli eventi seguiti alla disgregazione dell’Urss e del suo impero. Le repubbliche socialiste sovietiche, tra le quali l’Ucraina, conquistano l’indipendenza; gli stati satellite membri del Patto di Varsavia, antagonista della Nato, passano dalla “sovranità limitata” di brezneviana memoria alla piena sovranità e alla Nato: Albania, Bulgaria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Estonia, Lituania, Romania.

La Repubblica russa perde la cintura protettiva di cui godeva l’Urss e si trova circondata alla frontiera da una fascia di Stati potenzialmente ostili, diventati “satelliti” degli Stati Uniti: un’alleanza politico-militare anti-russa, dominata dagli Usa, creata dopo la seconda guerra mondiale proprio allo scopo di prevenire e contenere un ipotetico tentativo di espansione russo-comunista verso Ovest. Gli Usa godono di una doppia fascia protettiva a est: l’oceano Atlantico (NATO sta per North Atlantic Treaty Organisation) e l’Europa, potenzialmente destinata a essere di nuovo il campo di battaglia del mondo. L’espansionismo comunista si manifestò concretamente in oriente: in Cina i comunisti di Mao Tse Tung si impadronirono del potere e inglobarono successivamente la colonia inglese di Hong Kong. Reclamano anche Taiwan, l’isola nella quale si rifugiarono i nazionalisti di Chang Kai Check sconfitti da Mao. Dopo la guerra di Corea (1950-1953, 2 milioni di morti) in cui i comunisti del Nord furono fermati al 38º parallelo, quella del Vietnam ha sancito la vittoria e l’espansione del Vietnam comunista del Nord, e la pesante sconfitta degli Usa (preambolo di quella, recente, in Afganistan?).

Che cosa accadrebbe nel caso di aggressione della Cina a Taiwan? Sarebbe la scintilla della terza guerra mondiale? Facciamo gli scongiuri.