Esprimersi contro le ingiustizie o partecipare a una marcia di solidarietà sono alcuni dei pochi strumenti che abbiamo per cercare di cambiare le cose. Senza il diritto di manifestare pubblicamente e pacificamente, di condividere messaggi sui social network, di scrivere lettere e firmare petizioni, siamo ridotti al silenzio. Eppure, nell’ultimo mese, le autorità di diversi Paesi europei hanno vietato le manifestazioni legate al Medio Oriente. Hanno importunato e arrestato persone per aver espresso – in pubblico e online – il proprio sostegno ai diritti dei palestinesi. Alcuni governi hanno persino minacciato di chiudere organizzazioni e gruppi che difendono i loro diritti e di bloccare i finanziamenti alle organizzazioni per i diritti umani palestinesi, israeliani o regionali. Anche in Europa, i cittadini stranieri sono stati avvertiti che potrebbero essere espulsi per aver espresso “ideologie radicali” e le autorità hanno sostenuto le misure adottate dai datori di lavoro per licenziare le persone che parlano a favore del popolo palestinese. Hanno anche incoraggiato le scuole, i college e le università a monitorare i discorsi dei loro studenti alla ricerca di segni di quello che viene definito “estremismo”. I governi hanno iniziato sostenendo che tutte queste restrizioni erano necessarie nell’interesse dell’“ordine pubblico”, prima di scivolare in una equiparazione del sostegno ai diritti umani dei palestinesi al sostegno al terrorismo.
Anche la Svizzera ha contribuito a questa tendenza. Zurigo, Basilea e Berna hanno emesso divieti generali sulle manifestazioni legate al Medio Oriente. Il Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae) ha sospeso i finanziamenti a 11 Ong per i diritti umani attive in Israele e nei territori palestinesi occupati, mentre i politici hanno apertamente collegato gli aiuti a queste Ong con il possibile sostegno al terrorismo.
Imponendo misure che collegano specificamente le espressioni di solidarietà con i palestinesi al sostegno o all’incoraggiamento del terrorismo, alcuni leader europei sono andati oltre la già dubbia affermazione che le manifestazioni potrebbero costituire una minaccia all’ordine pubblico, sostenendo che potrebbero minacciare la sicurezza nazionale. Alla luce dell’attuale recrudescenza di atti antisemiti e islamofobici, le nostre autorità farebbero meglio a concentrare i propri sforzi sulla lotta ai veri discorsi e ai crimini d’odio, piuttosto che vietare o limitare le manifestazioni pacifiche legate al Medio Oriente.
Gli Stati devono giustificare le misure che si distanziano dai loro obblighi in materia di diritti umani. Per farlo, devono inserirle nella legge e garantire che ogni misura sia necessaria e proporzionata. Invocare specificamente il sostegno al popolo palestinese come una minaccia alla sicurezza nazionale aumenta il rischio che i diritti umani vengano subordinati ai cosiddetti imperativi di sicurezza. Sostenere i diritti umani dei palestinesi sottoposti a bombardamenti, apartheid e occupazione israeliana significa sostenere i diritti umani universali. Lo stesso vale per la difesa dei diritti degli ostaggi israeliani. La difesa dei diritti umani deve essere libera da considerazioni di parte e intesa come tale.
Gli Stati europei hanno a disposizione molti strumenti per rispondere a minacce estreme quando sono reali. Affermare che le manifestazioni pacifiche costituiscono una minaccia di questo tipo è una violazione dei diritti umani.