Quando si parla di migrazione, uno dei mantra ricorrenti è l’immagine di un’Europa “invasa” da persone che provengono dai Paesi del Sud globale, in particolare dal continente africano subsahariano. Benché la retorica dei partiti e dei governi d’estrema destra dell’Unione europea (Ue) si sia avvalsa di questo tipo di propaganda razzista per ottenere consenso elettorale – dai pregiudizi basati sulla “paura dello straniero”, la xenofobia, gli atteggiamenti antimigranti si associano infatti spessissimo alle rivendicazioni identitarie di carattere sovranista e nazionalista usate dai leader populisti.
La migrazione intra-africana: innanzitutto occorre porre fine all’idea di un continente che si sta “svuotando”. Questa narrazione errata perpetua stereotipi e pregiudizi su un intero continente che viene spesso descritto come se fosse costituito da Paesi “tutti uguali”, senza considerarne la grandezza e le differenze. Circa 21 milioni di cittadini africani vivono in un altro Paese africano. Infatti, “contrariamente alla percezione diffusa che tutti i migranti africani subsahariani vogliano andare in Nord America o in Europa, i risultati mostrano che, nel complesso, la maggior parte dei potenziali migranti preferisce una destinazione in un altro Paese africano subsahariano: il 29% preferirebbe trasferirsi in un altro paese all’interno della propria regione, mentre il 7% guarda altrove nel continente. Nei sondaggi di Afrobarometer, Europa 27% e Nord America 22% sono la seconda e la terza destinazione favorita. Australia, Medio Oriente, Asia e Centro/Sud America attraggono molto meno interesse”, afferma Joseph Asunka, direttore dell’Afrobarometer. Quali sono i fattori che spingono le persone a lasciare l’Africa Subsahariana? A questo proposito può tornarci utile il rapporto Scaling Fences (Al di là del confine) dell’Undp (United Nations Development Programme), che raccoglie i dati e le testimonianze di persone africane che sono riuscite a raggiungere l’Europa. Uno dei dati più importanti rilevati è che le migrazioni sono conseguenza dello sviluppo, i cui guadagni non sono però ben ridistribuiti tra la popolazione. È abbastanza comune, soprattutto in un contesto di disuguaglianza globale, che le persone migranti siano disposte a migliorare la propria situazione economica, andando all’estero. Ciò detto, non solo è necessario iniziare a parlare di migrazioni con la complessità che meritano, contrastando le strumentalizzazioni semplicistiche e gli stereotipi – dalle “invasione” alle strampalate teorie del complotto di sostituzione etnica – che spesso vengono attribuiti al continente africano subsahariano. Ma bisogna porre fine a quelle disuguaglianze che escludono sistematicamente le persone straniere, soprattutto se del Sud globale, dal diritto alla libertà di movimento.