Negli scorsi giorni il direttore di questo quotidiano ha espresso un giudizio assai severo sull’iniziativa lanciata dal Plr per contenere la burocrazia. La sua è certamente un’opinione legittima su un tema complesso come quello abbordato dalla raccolta delle firme per una modifica della nostra Costituzione cantonale. Mi permetto tuttavia di dubitare che coloro che si preoccupano di certe tendenze nei rapporti tra i cittadini e lo Stato, purtroppo riscontrabili anche nel nostro Cantone, siano animati sempre e soltanto da intenti demagogici, ossia finalizzati ad “una propaganda esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle masse, allo scopo di mantenere e conquistare il potere” (laRegione del 5 ottobre scorso, pag. 1). E se è vero che oggi il cruccio di molte famiglie è piuttosto quello di far quadrare i conti a fine mese, non è meno vero che la politica dovrebbe fare tutto quanto possibile per rendere loro la vita meno complicata. Tant’è che proprio il giorno successivo alla pubblicazione del commento del direttore Daniel Ritzer è apparsa, tra le lettere dei lettori del Corriere del Ticino, sotto il titolo “La via crucis degli eredi di immigrati” e con la firma del signor Robert Savary, un’accorata e minuziosa descrizione dello sfiancante percorso ad ostacoli (definito un “calvario”) che ha dovuto affrontare recentemente un figlio di immigrati naturalizzati per ottenere il certificato ereditario in seguito al decesso del padre (CdT del 6 ottobre scorso, pag. 40): leggere per credere. Certo, non tutti gli esempi di evasione burocratica delle pratiche possono essere addebitati alla relativa unità amministrativa. Frequenti sono le reclamazioni per il ritardo perenne, e in alcuni casi intollerabile, con cui il Cantone rimborsa ai venditori di immobili l’eccedenza del deposito versato a garanzia dell’imposta sugli utili immobiliari. Colpa del relativo ufficio? O piuttosto di chi è tenuto ad allocare le risorse umane secondo criteri di priorità, in modo che ai cittadini sia restituito in tempi brevi quanto spetta loro, a beneficio non solo della loro liquidità bensì pure dell’economia in generale? La burocratizzazione dei flussi di lavoro in molte procedure amministrative è determinata da molteplici fattori che concorrono ad allungare i tempi per la resa di autorizzazioni e decisioni di varia natura. Una buona parte di responsabilità incombe allo stesso legislatore: sempre nuove leggi federali e cantonali assegnano nuovi compiti agli enti pubblici e comportano nuovi obblighi e diritti da rispettare, come pure accertamenti da svolgere con la dovuta diligenza da parte delle autorità competenti – amministrative o giudiziarie, poco importa – con inevitabile dilazione dei tempi procedurali. È sempre attuale il monito di Montesquieu: “Il ne faut toucher aux lois qu’avec une main tremblante”. Una circospezione che imporrebbe peraltro allo stesso potere legislativo anche il dovere di valutare quale legge possa o debba essere abrogata prima di adottarne una nuova. Sarebbe auspicabile una maggiore autodisciplina del Gran Consiglio e delle Camere federali. Ma anche il Consiglio di Stato e il Consiglio federale dovrebbero vigilare costantemente affinché le varie ordinanze e i decreti esecutivi non creino nuove competenze, oltre a quelle strettamente previste dalla legge di riferimento. Si potrebbero portare diversi esempi in cui il legislatore non è senza macchia, come nell’ambito sociosanitario, pianificatorio, ambientale, energetico, per citarne alcuni. In altri casi la situazione è più delicata. Lo dimostra l’iter di revisione della legge cantonale edilizia con le lunghe discussioni sullo snellimento della procedura ricorsuale senza tuttavia rinunciare alla salvaguardia degli interessi e diritti di terzi nelle procedure per l’ottenimento di una licenza edilizia: salvaguardia che forzatamente allunga i tempi decisionali. In altri ambiti l’evoluzione della prassi di gremi internazionali lascia ancora meno spazio di manovra ai decisori federali e cantonali. È un fatto p.es. che la procedura penale federale (adottata ormai dieci anni fa) abbia codificato le esigenze sempre più articolate della tutela dei diritti dell’imputato secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, recependo numerose disposizioni garantiste che pure concorrono ad allungare i tempi delle inchieste. Considerato poi che la digitalizzazione di sempre più procedure amministrative richiede uno sforzo partecipativo supplementare, in particolare ai cittadini che hanno meno dimestichezza con l’informatica, non sempre compensato da una velocizzazione nel disbrigo della loro pratica, è corretto tenere alta la guardia anche con un mandato costituzionale. Pertanto va sostenuta la richiesta di completare l’art. 8 della nostra Costituzione cantonale, che elenca i diritti individuali. Non è infatti un delitto di lesa maestà pretendere dallo Stato il rispetto del diritto di ognuno a) a leggi comprensibili e applicate in modo semplice, non burocratico ed efficace e b) alla trattazione in tempi ragionevoli, semplice e non burocratica delle sue pratiche da parte delle autorità amministrative e giudiziarie. Ma tale sacrosanto mandato potrà essere adempiuto solo con un’assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori in gioco e non solo di coloro che sono chiamati ad applicare le leggi.