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Alessandro Manzoni: un inedito fiscalista

Forse pochi sanno che Alessandro Manzoni si è occupato anche di fiscalità. Già 150 anni fa il mondo politico era diviso tra la scelta dell’aliquota progressiva, il reddito più alto è tassato con aliquota più elevata, e l’aliquota proporzionale, ossia sempre uguale, indipendentemente dall’ammontare del reddito. Il dibattito è ancora attuale poiché proprio in Italia si vuole istituire la flat tax, l’”aliquota piatta”, uguale per tutti. Si persegue la finalità opposta a quella di Robin Hood, che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Qui, invece, se la flat tax venisse applicata senza adeguati accorgimenti, si ruberebbe ai poveri per dare ai ricchi. La necessità di stabilire un’aliquota progressiva è sancita dalla Costituzione italiana all’art. 53 e dalla Costituzione svizzera, all’art. 127.

Diversa era l’opinione del Manzoni, il quale, deputato della destra al Parlamento italiano e possidente, era manifestamente un avversario dell’aliquota progressiva. Le opinioni del Manzoni sono contenute in una nota, scritta di suo pugno, in lingua francese, che così recita:
“Altri inconvenienti dell’imposta progressiva.

  1. Complica e aumenta il lavoro dell’esazione dell’imposta, dell’assegnazione delle competenze, ecc. Ciò aumenta i costi, il numero degli impiegati ed il dispendio di tempo;
  2. È necessaria una spiacevole, e a volte pregiudizievole, indagine sulle sostanze dei contribuenti;
  3. È creatrice (N.d.R., l’imposta progressiva) di nuovi tentativi di frode contro la legge, cosa che nuoce alla moralità, aumenta gli oneri a carico dei contribuenti onesti e sinceri, fa nascere una nuova classe di intermediari, ossia persone che aiutano i contribuenti ad eludere la legge e, infine, aumenta i trucchi e le finzioni dei notai, di uomini di legge ecc.

Perché è sicuro che non appena l’imposta progressiva entrerà in vigore, si cercheranno i mezzi per mascherare la sostanza con degli acquisti per interposta persona (sotto falso nome). Bisognerà allora introdurre delle pene, ricercare delle spie, creare nuovi uffici, formare persone e strutture che sono già in numero sufficiente in tutti gli Stati dell’Europa.

L’imposta proporzionale (quanto meno l’imposta fondiaria) non ha nessuno degli inconvenienti sopra indicati. Gli effetti negativi sono più lievi di quanto non si sostenga.

Per essere persuasi è sufficiente osservare che nei Paesi dove le imposte sono stabilite con trasparenza e amministrate con economia, l’onere fiscale può essere quantificato (stimato) con anticipo, tenendolo in debita considerazione nell’acquisto di terreni, la cui rendita è equiparata a quella dei capitali. Certamente, le imposte straordinarie provenienti o dall’avidità o dalla prodigalità rovinano il piccolo proprietario e disturbano il ricco, ma l’inconveniente allora è nell’avidità e nella prodigalità e non in altre cause legate alla proporzionalità dell’imposta” (libera traduzione dell’autore dal francese della nota di Alessandro Manzoni, reperibile nel terzo capitolo del Tomo II di Jean-Baptiste Say, Traité d’économie politique, Paris, 1819).

Nei giorni in cui la cultura italiana celebra i 150 anni dalla sua morte, Manzoni ci stupisce regalandoci una sua presa di posizione concreta su un argomento tecnico che esula dalla sua opera letteraria.

Il dibattito, ancor oggi presente, sull’opportunità di stabilire un’aliquota proporzionale in luogo di un’aliquota progressiva dimostra l’attualità del pensiero di Manzoni e i sostenitori della flat tax possono annoverare il sostegno da parte di un illustre e prestigioso letterato.

Vero è che sono trascorsi 150 anni da quella nota scritta a mano.