Leggo con interesse l’articolo dell’economista Ronny Bianchi, “A proposito di meritocrazia” apparso su laRegione del 14 aprile scorso. Noto che esso rientra nel dibattito, “L’altra economia”, avviato da Bianchi con il contributo apparso su laRegione di marzo, “Di reddito e di ricchezza”.
Per la verità non ho ben compreso cosa si intenda per “altra economia”. Probabilmente ciò sarà stato precisato in una precedente occasione, a me purtroppo sfuggita. Sono quindi costretto ad azzardare qualche mia possibile spiegazione: forse si tratta di un’economia, vista andando controcorrente per ragioni ideologiche o di altra natura, oppure si tratta di affrontare problemi di altra portata che potrebbero condurre molto lontano.
Per capirne di più mi è sembrato opportuno chiedere aiuto a Luca Ricolfi, eminente sociologo e docente di analisi dei dati. Attraverso il suo recente libro, “La Mutazione. Come le idee di sinistra sono migrate a destra”, con il sottotitolo: “Si dice che il popolo abbia cambiato idea. E se fossero le idee ad aver cambiato posto?” (Rizzoli, 2022).
Come si vede, Ricolfi parte dal presupposto che anche i grandi principi evolvano e si spostino da un habitat all’altro. Ad esempio, secondo l’autore, i grandi ideali propri un tempo della sinistra (difesa dei deboli, libertà di pensiero, cultura) sono passati alla destra che li ha fatti propri, pur con qualche aggiustamento come la libertà di pensiero contro l’adesione acritica della sinistra al politicamente corretto, e la difesa dei deboli contro l’incapacità di ascoltare e dare un effettivo seguito alla domanda di comprensione e protezione dei ceti popolari.
Almeno per il momento, sembra che Bianchi abbia limitato la propria idea di altra economia a questioni puntuali come il reddito, la ricchezza e la meritocrazia.
Il discorso di Ricolfi ha invece una ben altra portata (che se pure rivolta particolarmente all’Italia può toccare anche la Svizzera). Nella sua indagine, Ricolfi giunge a conclusioni sorprendenti e spesso inquietanti. Ad esempio quando fa proprio l’avvertimento di Walter Benjamin: “Il progresso non è accelerare la locomotiva in corsa ma sapere quando tirare il freno”, spiegando che: “Vuol dire voltarsi indietro a vedere se nelle stazioni che abbiamo attraversato, c’è anche qualcosa di fondamentale che abbiamo perduto e che ci piacerebbe recuperare. E chiedersi se la locomotiva della storia ci sta preparando magnifiche sorti e progressive o ci sta portando verso l’abisso”. La conclusione di Ricolfi, che vale, soprattutto dopo la vicenda del Credit Suisse, anche per la Svizzera, è che la destra stia facendo da anni quell’esercizio che alla sinistra ufficiale non interessa più.
Come si vede di argomenti per dibattere ve ne sono a iosa. Sarebbe utile coinvolgervi, se possibile, lo stesso Ricolfi ma soprattutto i politici elvetici chiamati istituzionalmente a evitare l’abisso.
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Ringrazio il signor Pedrolini, per darmi la possibilità di spiegare perché la rubrica si chiama “L’altra economia”. La motivazione è molto semplice: oggi in circa l’80% delle università si insegna solo teoria ortodossa, ispirata e derivata dalla teoria neoclassica, sostanzialmente basata su presupposti teorici errati. Faccio il solo esempio dei mercati concorrenziali, che non esistono come è facile capire, ma che sono uno dei pilastri di questa teoria. Le teorie economiche eterodosse – come la teoria evoluzionista, quella delle convenzioni, quella storica, quella dell’Ecole de la régulation, tanto per citarne alcune – sviluppano invece approcci più complessi che, secondo me, permettono di interpretare con più pertinenza e realismo l’economia contemporanea. La mia idea è quindi di proporre questo tipo di lettura su temi differenti.
Ronny Bianchi