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Immigrazione e Mediterraneo: uno sguardo d’insieme

Nel corso degli ultimi anni, con due ondate maggiori in concomitanza dello scoppio delle cosiddette Primavere arabe a partire dal 2011 e, successivamente, nell’estate del 2015 con l’arrivo di più di un milione di richiedenti asilo nei Paesi dell’Unione europea, quest’ultima si è nuovamente trovata in maniera sempre più pressante a confrontarsi con il tema dell’immigrazione. Come effetto delle molteplici crisi politiche e di sicurezza che si consumano nell’area dell’Africa subsahariana e nel Nord Africa, nonché di fattori strutturali come povertà, mancanza di prospettive economiche e occupazionali nei Paesi di origine e non ultimi gli effetti dei cambiamenti climatici, centinaia di migliaia di persone hanno raggiunto l’Europa passando soprattutto per il Mediterraneo. La mancanza di disponibilità e volontà politica di alcuni Paesi – con particolare riferimento a quelli del cosiddetto Gruppo di Visegrad e all’Austria – nei confronti di una maggiore redistribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri dell’Unione europea, insieme alla pressione delle opinioni pubbliche che vedono la questione migratoria sempre più connessa alla sicurezza, ha portato l’Ue e alcuni singoli governi a cercare accordi con i Paesi di origine e transito, volti a controllare in maniera più rigorosa i confini e a bloccare le partenze. Ciò che sembra mancare è nello specifico un approccio che prenda in considerazione anche le priorità, le esigenze e le condizioni dei Paesi di origine e di transito, in modo tale da poter elaborare proposte politiche che possano essere vantaggiose per entrambe le parti. Per quanto concerne i Paesi del Nord Africa, diretti partner dei Paesi europei nella gestione dell’immigrazione via Mediterraneo, si riscontrano profili molto diversi tra di loro che, di conseguenza, portano a problematiche di gestione del fenomeno differenti da Paese a Paese. Si possono distinguere i Paesi essenzialmente di origine, come la Tunisia, da quelli di transito e destinazione, come è ormai il caso del Marocco, dell’Algeria, dell’Egitto e della Libia. Quest’ultima, per le particolari condizioni di insicurezza e instabilità politica che la contraddistinguono, rappresenta un unicum nella regione, ma allo stesso tempo è una pedina fondamentale delle politiche di gestione e controllo dell’immigrazione verso l’Europa e l’Italia, in quanto fino a pochissimi mesi costituiva il maggior porto di partenza del migranti di tutta l’Africa subsahariana e, ancora oggi, rimane uno degli snodi principali delle rotte migratorie verso il Mediterraneo e presenta evidenti contraddizioni in termine di sicurezza. La particolare situazione di fragilità istituzionale della Libia non rende quest’ultima un partner affidabile in termini di controllo e gestione dei flussi migratori e richiede un approccio che sia in maniera prioritaria volto alla stabilizzazione del Paese e alla fine del conflitto, riacuitosi nel mese di settembre 2018.