"Munichois!" sono definiti i fautori di un’iniziativa di pace in Ucraina.
Dall’inizio degli anni 2000 gli Usa hanno caparbiamente trasformato l’Ucraina in uno Stato ostile alla Russia. Non proprio costruttori di pace. Due volte hanno appoggiato un allontanamento di un presidente russofono (2004 e 2012), sfruttando i sentimenti antirussi della parte occidentale del Paese. Nel 2014 plateale ingerenza: discorso del senatore McCain sulla piazza Maidan; presenza della Vicesegretaria agli affari euroasiatici Victoria Nuland (nota esponente neocon) alle manifestazioni e alla selezione dei membri del nuovo governo! Come ingerenza negli affari di un altro stato niente male. Ne è risultato un governo violentemente antirusso, infestato di ultranazionalisti. I russofoni del Donbass non accettano il fatto compiuto, la Crimea decide la separazione e l’annessione alla Russia. Durante 8 anni il governo di Kiev conduce una politica di eliminazione dell’influenza e della cultura russa (legge sulle lingue e legge sulle popolazioni autoctone) e una guerra contro il Donbass.
Nel 2014-2015 due accordi tra i separatisti (province di Lugansk e Donetsk) e il governo di Kiev, con Francia e Germania garanti per l’Ucraina e la Russia per il Donbass (accordi di Minsk 1 e 2) prevedevano l’autonomia delle due province, in realtà mai concessa. Per contro 8 anni di bombardamenti. Merkel e Hollande hanno poi spudoratamente ammesso che gli accordi dovevano servire a Kiev per rafforzarsi militarmente e riconquistare le due province. Bella dimostrazione di doppiezza delle due nazioni occidentali. Dal canto loro gli Usa hanno sempre premuto su Kiev affinché non applicasse gli accordi.
Nel 2019 Zelensky è eletto proponendo una riappacificazione con la Russia. Subito, minacciato dagli ultranazionalisti, rinnega quel programma.
Nel 2019 il consigliere ucraino Arestoviyc preannuncia la guerra per il 2021 o 2022. Sapeva cosa bolliva. Nel 2021 Zelensky ammassa 60’000 militari nel sud-est, a inizio febbraio 2022 intensifica i bombardamenti sul Donbass, certificati dall’Osce. Contemporaneamente inizia un’evacuazione di migliaia di abitanti verso la Russia, la cui motivazione ci sfuggì, perché nessuno ci informò dei bombardamenti. Di fronte a questi la Russia (garante degli accordi di Minsk) anticipa attaccando.
Affermare che la guerra ebbe inizio il 24 febbraio 2014 per decisione di Putin, desideroso di riconquistare l’impero degli zar, è un’affermazione tronca, che stravolge il senso degli eventi. Putin ha invaso, ma non si può attribuirgli tutta la responsabilità dell’accaduto.
Secondo il Vangelo i buoni alberi si riconoscono dai buoni frutti. La tesi dei guerrafondai (dare armi all’Ucraina per difendersi) non ha dato buoni frutti.
Nel marzo 2022 l’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett strappa un accordo di compromesso a Putin e Zelensky. Piomba come un falco a Kiev Boris Johnson per dire a Zelensky che se accetta perderà il sostegno dell’Occidente. Il presidente ucraino si rimangia la parola. Avrebbe evitato tutti gli ulteriori morti e le distruzioni successive. L’Occidente si assuma la sua parte di responsabilità per avere allora ostacolato la pace.
Gli occidentali inviano sempre più armi e mercenari. I russi in risposta intensificano gli attacchi con sempre più morti e distruzioni. Più armi all’Ucraina per permetterle di trattare da una posizione più favorevole, sostengono i guerrafondai: condizione mai raggiunta, nemmeno nel settembre 2022 quando una controffensiva mette in difficoltà la Russia. Ora la Russia è tornata all’offensiva, inducendo l’Occidente a inviare armi più potenti. Gli idealisti guerrafondai favoriranno la pace e la giustizia o ci preparano solo maggiori distruzioni? L’auspicio dei realisti pacifisti, un compromesso (o pace), non la Giustizia perfetta, è sempre meglio dei morti e delle distruzioni sulle spalle del popolo ucraino. E non si facciano paragoni col trattato di Monaco del 1938, perché né le intenzioni né le responsabilità di Putin sono quelle di Hitler. Spiace che buona parte del mondo politico elvetico sia pronta a buttare alle ortiche quel poco che resta della neutralità per inviare armi sul campo di battaglia.
Puoi leggere qui una replica di Roberto Antonini alle argomentazioni di Diego Lafranchi.