La politica e la democrazia sono nate nelle piazze. L’agorà della polis greca è il luogo di confronto dove si è sviluppata l’arte della convivenza. La parola, che ha la stessa radice di “raduno”, indica originariamente l’assemblea dei liberi, poi il luogo di riunione e quindi il cuore della città.
In un Paese libero, il giornalismo è questo, se i mass-media, che sono l’espressione delle varie sensibilità del popolo ancor più della politica, sono messi nelle condizioni di potersi esprimere liberamente.
Questi svolgono il loro dovere se rispettano il diritto all’informazione, se sanno osservare, analizzare, raccontare i fatti ed esprimere opinioni, ma anche controllare. Il loro compito non è essere compiacenti. Devono esprimere, grazie al pluralismo, i dubbi e le necessità dei cittadini e delle cittadine di tutte le comunità e di tutte le regioni geografiche e linguistiche.
In un Paese variegato e plurilingue come la Svizzera, che va fiero della sua democrazia semi-diretta, le persone hanno bisogno di informazioni fornite da media onesti, affidabili e attenti. Già nel 1849 lo Stato aveva introdotto un aiuto indiretto alla stampa, per una questione di coesione sociale.
Leggere e ascoltare mezzi d’informazione di segno opposto e potersi esprimere direttamente o indirettamente attraverso questi canali è un bene prezioso, che dobbiamo difendere da ogni tipo di dittatura. Dobbiamo coltivare responsabilmente questo bene democratico, anche dove esiste il pericolo – come da noi – che sia cancellata la varietà delle voci, soprattutto locali, dalle concentrazioni mediatiche, economiche e di potere collocate dentro e fuori il Paese.
Sì, quindi, il 13 febbraio, perché solo dei media finanziariamente solidi possono resistere a queste pressioni e rimanere indipendenti. E con loro anche noi.