L’iniziativa sul matrimonio per le coppie dello stesso sesso è stata accettata. I cittadini hanno votato no alle discriminazioni ipocrite, in una società dove le famiglie tradizionali coesistono già da tempo con quelle monoparentali o quelle arcobaleno. Qualche giorno prima della votazione, sul Tages-Anzeiger è apparsa un’intervista a una coppia gay residente in campagna. Nell’articolo i due raccontano che oggigiorno le cose sono cambiate in meglio, anche se vivere la propria omosessualità lontano dai grandi centri urbani resta comunque difficile. Rispetto a quindici anni fa – ai tempi della votazione sulle unioni domestiche – c’è però un aspetto che purtroppo è peggiorato. All’epoca si potevano incontrare persone che sputavano in faccia parole d’odio o che arrivavano a paragonare gli omosessuali a “perversi maiali che ai tempi di Hitler sarebbero morti nelle camere a gas”. Affermazioni del genere scioccavano, però permettevano di sapere ciò che la gente pensava davvero. Oggi, in onore del politically correct, l’accettazione è diventata un fatto “scontato”, che non andrebbe nemmeno tematizzato. Eppure i pregiudizi sono duri a morire e se non vengono esplicitati finiscono per ricomparire sotto forma di bisbiglii o occhiatacce dietro le spalle, come succede di frequente ai due intervistati. La discriminazione moderna viaggia su binari diversi, più nascosti e oscuri. Per esempio con la cancellazione all’ultimo minuto del festival di musica e cultura albanese che si sarebbe dovuto tenere il primo weekend di settembre a Zurigo. Il motivo addotto dalle autorità? L’alto tasso di positività al Covid riscontrato in molte persone di etnia albanese rientrate in Svizzera dopo le vacanze nei Balcani. Fatto che il Tages-Anzeiger non ha mancato di far notare più volte nel corso della settimana precedente il festival. La motivazione sarebbe parsa giustificata, se durante lo stesso weekend la città non avesse autorizzato una manifestazione per i diritti gay con migliaia di partecipanti che hanno ballato scatenati per le strade rigorosamente senza test né mascherina, molti dei quali provenienti da chissà quali esotiche destinazioni vacanziere. Le autorità si sono formalmente scusate con la comunità albanese, però il sospetto rimane che in città alcune minoranze siano meno amate di altre. Sospetto alimentato da un articolo firmato da Christoph Helm uscito pochi giorni dopo sempre sul Tages-Anzeiger. In esso vengono presentati i piani della nuova villa di Xherdan Shaqiri. Definita “villa di cemento” senza “alcuna leggerezza né stile”, la futura dimora di Shaqiri viene dapprima descritta come un bunker usato dai ricchi per isolarsi dal mondo e in seguito come “un’ordinaria follia costruttiva” tipica delle periferie. Non si capisce allora perché l’autore si sia accanito proprio contro questa e non contro altre ville identiche, ma di altri proprietari. Una spiegazione ci sarebbe ma è nascosta sotto il velo pietoso della political correctness.