Per lui una società di calcio doveva formare, aggregare e integrare i giovani
Ho conosciuto Nene Zurmühle quando, ancora giovane, fui per parecchi anni giocatore dell’Unione sportiva Pro Daro. Ne serbo il ricordo di una persona dalle forti convinzioni e di valori netti. Il Daro era una società di calcio che doveva, prima di tutto, occuparsi dei giovani, costituire un luogo di aggregazione e di integrazione. Nulla per chi ambiva a gloria sportiva o notorietà personale (seppure a livello di calcio minore); aborriva poi l’idea che si potesse pagare i giocatori. Se sentiva qualcuno dire che così succedeva in tal o talaltra squadra, scuoteva la testa cui seguiva un “roba da matt”. Non gli piacevano i giocatori che inveivano contro arbitri o avversari, né i genitori che a bordo campo sfidavano la civiltà nel sostegno ai propri figli. Nene chiedeva cose d’altri tempi: rispetto e buona educazione.
Ricordo però anche di essermi con lui scontrato un paio di volte: da capitano della squadra dissentii sull’allontanamento di due allenatori. Glielo dissi. Mi rispose che capiva, ma fu altrettanto chiaro che la 'sua' decisione non sarebbe stata rimessa in discussione e poco importava se i giocatori e il capitano avevano un’altra opinione. Amava 'il Daro' e amava Daro e la storia di questo tradizionale, popolare quartiere di Bellinzona: capii che non gli dispiaceva se qualcuno, avvicinandolo, tra il serio e il faceto lo interpellava come 'sindaco'. E in fondo il bar Penalty, una sua creatura, poteva ben essere considerato il 'municipio' di questo suggestivo regno. Le discussioni, ma anche i pettegolezzi sportivi e politici come di ogni altro tipo, costituivano - e ancora costituiscono - una disciplina che solo i più preparati potevano pensare di affrontare alla tribuna di questo ritrovo pubblico senza correre il rischio di vedersi demoliti dalla contestazione o dallo scherno degli astanti. Nene conosceva bene queste dinamiche e le seguiva con evidente piacere, partecipandovi e mettendoci del suo quando appena ne aveva l’opportunità.
Ho ancora avuto occasione d'incontrarlo un paio di volte alla casa anziani di Pedemonte (prima del Covid) e, successivamente, l’ho sentito al telefono. Ha sempre avuto parole di gratitudine per i suoi famigliari, per tutti coloro che in questi anni gli sono stati accanto e per i suoi concittadini, i Daresi! Mi ha però anche sempre detto di quanto apprezzasse la sollecitudine e l’attenzione del personale della Casa anziani Pedemonte. «Lo sai – mi diceva – non sono del tuo partito e non sono sempre stato d’accordo con te, ma queste cose la Città le ha fatte davvero bene!». Giro il complimento, come avrebbe fatto lui, a chi lo merita davvero: infermieri, assistenti di cura, personale alberghiero e di pulizia, direzione. E poi naturalmente grazie a te, caro Nene!