Qualche considerazione mentre entriamo nella quarta settimana di chiusura totale delle scuole
Siamo entrati nella quarta settimana di chiusura di tutte le scuole. Gli insegnanti sono oggi compartecipi di quella condizione di sofferenza e di straniamento che investe gli allievi, le famiglie, la società intera. È però di questi giorni la notizia che la scuola porterà a termine gli attuali cicli di studio secondo il normale calendario. È una buona notizia, frutto di sagge considerazioni fatte dalla Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione. Ci sembra giusto che su questo piano si rassicuri chi già vive una quotidianità turbata, che alimenta l’ansia.
La scuola, nonostante le aule siano deserte, mantiene una sua presenza attiva attraverso forme di “didattica a distanza” sulla cui efficacia (e sulla cui natura) sarà opportuno a tempo debito tentare una valutazione critica. Quel che preme sottolineare è che l’insegnamento mediato dalle nuove tecnologie ovviamente introduce una diversa dimensione pedagogica e si declina con valenza e significato diverso a seconda dell’ordine e del grado scolastico a cui si riferisce. Se per le scuole superiori (università e formazione di livello universitario), così come per secondarie superiori (il liceo o le scuole professionali), esso può svolgere un ruolo ausiliario, per la scuola dell’obbligo il discorso cambia completamente.
Nella scuola media, che fa dell’inclusione il suo principio fondante e della differenziazione didattica in classe un importante strumento di efficacia formativa, l’insegnamento online rischia di vanificare tutto ciò in un colpo solo. L’impossibilità oggettiva di una compresenza umana (che è presenza fisica, linguaggio non verbale, disponibilità empatica) modifica profondamente il ruolo dell’insegnamento. In questo modo le famiglie, loro malgrado già scombussolate e messe a dura prova da contesti di sofferenza (si pensi anche alla crisi del lavoro e dell’economia) sono chiamate a colmare un vuoto e a svolgere un compito che spetta normalmente all’insegnante. Con tutto ciò che ne consegue, sia per quanto concerne il carico emotivo, sia per le evidenti disparità che si creano legate al contesto socioeconomico e linguistico-culturale, sia in rapporto a vissuti famigliari che già si confrontano con lutti e malattie. Naturalmente questo discorso vale, a maggior ragione, per la scuola elementare e per quella dell’infanzia, dove il contatto e la relazione umana tra maestro e allievo/bambino resta insostituibile.
Pretendere dai nostri allievi che l’attività scolastica continui normalmente mentre l’umanità affronta una dolorosa pandemia e i loro cari sono scossi da nuove ansie e preoccupazioni, non è un messaggio educativo. Anzi, contribuisce a formare una società insensibile, in cui i bisogni dell’uomo e l’interesse comune non sono più al centro. In questo momento la scuola deve saper cambiare per aderire in modo pertinente al contesto e per portare avanti il proprio mandato educativo. Oggi è importante porsi l’obiettivo di alleggerire il peso del lavoro a/in casa, privilegiando invece forme di comunicazione e di ascolto, di espressione del proprio vissuto. È importante dare voce a una “pedagogia dell’emergenza” che metta decisamente in secondo piano qualsivoglia assillo per “il programma da svolgere”. Lo diciamo ai colleghi innanzitutto, lo diciamo ai genitori. Le nuove tecnologie ci sono di aiuto, ma non usiamole per impoverire i percorsi educativi: usiamole invece per essere vicini alle famiglie e agli allievi, per dialogare, per invitare a leggere e a rilassarsi, per invitare a esprimere i propri sentimenti, per riflettere insieme, per decodificare giorno per giorno un presente difficile da comprendere e un futuro incerto a cui pensare.
Gli insegnanti subiscono, come tutti, gli effetti di questa sofferenza, passano l’intera giornata davanti allo schermo di un computer, in uno sforzo di resilienza che merita comprensione e sostegno. Proprio loro, che fanno della matrice culturale e sociale una componente irrinunciabile della professionalità esprimono oggi un sentimento di vicinanza agli allievi, alle famiglie, ai lavoratori toccati dalla crisi. Il nostro Dipartimento, purtroppo, non ha ancora trovato il tempo per esprimere ufficialmente un medesimo sentimento nei loro confronti.