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L’insopportabile incoerenza della neutralità svizzera

Il tema è ormai entrato nell’agenda politica nazionale e cantonale, direttamente collegato alla riesportazione di armi verso l’Ucraina aggredita militarmente da Putin. Dietro questa foglia di fico si nascondono tutti quelli che, per un motivo o l’altro, non hanno ancora denunciato Putin come unico responsabile di questa drammatica guerra. E per non farsi mancare nulla, prendono pure in ostaggio il pacifismo, movimento che con questi nulla ha da spartire. La presunta neutralità svizzera non impedisce già oggi la fornitura di armi. La Svizzera nel 2019 era il 12esimo Paese al mondo per esportazione di materiale bellico (dati Stockholm International Peace Research Institute, Sipri). Nel sito della Seco (Segreteria di Stato dell’economia) troviamo tutti i Paesi destinatari con dati aggiornati alla fine del 2019. Ebbene, tra questi ci sono, ad esempio, gli Stati Uniti, il Pakistan, la Francia, la Malaysia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, Israele, la Serbia, il Qatar, la Georgia, la Turchia, la Thailandia, l’India, gli Emirati Arabi Uniti e molti altri. L’evoluzione vede un netto aumento delle esportazioni a partire dal 2016. Tutte le nazioni di cui sopra sono attualmente implicate in qualche guerra, direttamente o indirettamente, addirittura in conflitto tra di loro come ad esempio tra India e Pakistan per quanto riguarda il controllo del Kashmir. La Turchia di Erdogan conduce una guerra contro il Kurdistan e il popolo curdo da decenni, l’Arabia Saudita, con gli Emirati Arabi, è implicata nella guerra che coinvolge lo Yemen, il Paese più povero al mondo (dati Onu). Il Qatar, altro acquirente di armi svizzere, è riconosciuto ormai come Paese che viola sistematicamente i diritti umani. In Brasile, la polizia usa quotidianamente la violenza contro la popolazione (4 giovani al giorno assassinati dalle forze dell’ordine secondo Terre des Hommes) e usa armi svizzere come pistole, fucili, veicoli blindati ed elicotteri. Altri esempi potrebbero seguire, ma già questi testimoniano di un concetto di neutralità esistente solo sulla carta. Eppure per la riesportazione verso l’Ucraina, Paese aggredito militarmente in modo brutale e globale, ci si agita alquanto, invocando tutti i pericoli immaginabili. Se un popolo decide di difendersi da un’aggressione come quella che vediamo tutti i giorni da un anno a questa parte, se decide che non è disposto a negoziare una cessione di parte del suo territorio all’aggressore, se invoca aiuto internazionale per ricevere armi e potersi quindi difendere, se esercita nient’altro che un diritto riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite (art. 51), come ci si può nascondere dietro un concetto tanto poco coerente come la neutralità svizzera per negare di fatto questo diritto a ucraine e ucraini?