Di questi tempi difficili, questo interrogativo a taluni può sembrare una provocazione. In verità, il destino dei giovani è una costante preoccupazione della classe politica. Chi ricopre una carica pubblica, cerca infatti di lasciare un mondo un po’ migliore a chi verrà. Sbaglia chi definisce i giovani come un problema. Come un fastidioso fardello che non si sa dove mettere, come una scomoda, perenne urgenza. I giovani sono un patrimonio. Sono i pilastri fondamentali di una società. Sono coloro su cui investire per avere continuità. Senza di loro, una società si estingue. Decenni di politiche giovanili in questo Cantone, hanno senz’altro aiutato molti giovani di ieri, a diventare adulti responsabili oggi. Lo Stato, molte associazioni di categoria e fondazioni, per decenni hanno fatto enormi sforzi per fare studiare, praticare sport, dare corsi professionali serali, creare eventi socializzanti culturali a prezzi modici ai ticinesi. I ticinesi adulti di oggi, erano figli di questo modello sociale vincente. Se sapremo tramandarlo, vinceranno le sfide della vita anche le future generazioni. Pandemia, crisi climatica, digitalizzazione, clima di guerra, hanno però segnato e disorientato molti giovani. Molti sembrano avere perso il piacere della convivialità, preferendo l’isolamento dei social. Altri sfogano la loro rabbia o noia in rave devastanti e mortali, trasformano feste in risse violente con feriti anche gravi, e più in generale, faticano a trovare il loro posto in società con un lavoro regolare. Sempre più giovani devono ricorrere anche a cure psichiatriche. Stato, famiglie ed economia privata non devono quindi mai stancarsi di fornire istruzione, educazione, occupazione. I giovani più soddisfatti della vita, sono infatti quelli integrati in una funzione sociale.