laR+ la guerra in ucraina

La scalata russa al potere moldavo

L’uomo del Cremlino a Chisinau è Ilan Shor, affarista coinvolto in una maxitruffa da un miliardo di dollari. Scontri in piazza alimentati dal suo partito

La presidente moldava Maia Sandu (Keystone)
28 febbraio 2023
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Geografia, storia e pure matematica. La Moldavia, come un alunno che non ha studiato, è preoccupata da tutto questo e non solo.

Incastrata fra la Romania e l’Ucraina, con uno Stato separatista al suo interno - la Transnistria – legato a doppio filo alla Russia, non dorme sonni tranquilli: questa è la geografia.

La storia la vede invasa dai russi e poi inglobata all’Unione Sovietica. I numeri, tragici come le invasioni del passato, dicono che il 90 per cento delle sue armi sono tecnologicamente superate, se non addirittura inutilizzabili: a usare queste armi che non si possono usare sono a malapena diecimila soldati, di cui appena la metà professionisti.

Ingerenze

Se a tutto questo aggiungiamo una crisi di governo, una serie di interferenze politico-economiche a vari livelli (sempre russe o pararusse) e una minaccia, tutt’altro che velata di Mosca, c’è poco da stare tranquilli in Moldavia. La minaccia è datata 22 febbraio, quando Vladimir Putin ha revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell’ambito delle politiche sul futuro della Transnistria, dove - guarda caso - ci sono truppe russe, interessi russi, soldi russi...

La revoca è stata pubblicata anche sul sito del Cremlino, dove viene spiegato che la decisione è stata presa per "garantire gli interessi russi in relazione ai cambiamenti nelle relazioni internazionali". Insomma, ci sono di mezzo l’Ucraina, la Nato, l’Europa, e c’è di mezzo soprattutto l’incapacità dei russi di venire a capo della guerra con Kiev. Prima o poi, almeno per la propaganda, una vittoria dovrà arrivare: e la Moldavia sembra la vittima sacrificale perfetta. Il 14 febbraio dei missili russi l’avevano sorvolata, la settimana dopo il governo di Chisinau ha chiuso lo spazio aereo per ragioni di sicurezza. Eppure a preoccupare di più i moldavi non sono i missili, ma i giochi di potere di Mosca, che ha interlocutori ricchi e potenti in un Paese che non è né ricco né potente.


Ilan Shor con dietro il logo del suo partito (Wikipedia)

Un uomo, una truffa

Il nome sulla bocca di tutti è di un uomo a cui la patente politica non è ancora stata del tutto stracciata nonostante un curriculum da bandito più che da statista. C’è lui dietro la più grande truffa bancaria della storia del Paese, che ha provocato un buco da 1 miliardo di dollari. Lui è Ilan Shor, un moldavo nato a Tel Aviv, figlio di un uomo d’affari che ha continuato a fare affari, fino a ingrandirsi e poi esplodere. Una volta fatto il botto e mandato sul lastrico mezzo Paese (indebolito improvvisamente per il 12% del Pil), ha pensato bene di candidarsi a sindaco della città di Orhei. L’hanno lasciato fare e ha vinto, anzi stravinto, con il 62 per cento delle preferenze.

Con i suoi soldi e la sua influenza ha fatto nascere un partito filorusso che porta il suo nome, l’ha fatto entrare in Parlamento, salendo fino al 10 per cento e ora continua a salire nei sondaggi. Quel che è più strano è che aumenta di mese in mese la fiducia nei suoi confronti, come se lasciare il proprio Paese a un passo dal fallimento per pura ingordigia fosse un peccato veniale.

L’uomo della truffa da un miliardo di dollari pare apprezzi molto i rubli del Cremlino: con quelli avrebbe finanziato una serie di proteste di piazza contro il partito al potere, europeista e in difficoltà davanti a un’inflazione salita al 30 per cento. In uno dei Paesi con gli stipendi più bassi d’Europa (430 franchi al mese), l’aumento dei prezzi può essere fatale, lo sanno bene i russi, che stanno prendendo per il collo Chisinau, visto che sono i maggiori fornitori di energia del Paese. Dalla Russia arriverebbero anche attacchi hacker e "disinformatia" di stampo sovietico. Non è un caso che il nome di Shor sia spesso abbinato a quello dell’Fsb, i servizi segreti russi, un mondo che Putin conosce molto bene.

Cambiamenti necessari

Ma per capire quanto è forte Shor e quanto è penetrata la Russia nel tessuto moldavo bisogna anche vedere la debolezza strutturale di una democrazia che tra oligarchi e malaffare fatica a trovare un equilibro. Sembrava che Maia Sandu, l’attuale presidente (ed ex segretaria del Partito Azione e Solidarietà), fosse in grado di dare stabilità. La sua figura, centrale, non poteva finire sulla poltrona scomoda del premier, dove il rischio di venire fagocitati è troppo alto: per questo si è presa quella meno direttamente influente di presidente. Da lì però può cercare di tenere a galla una barca esposta a troppe correnti, soprattutto quelle russe.


Il premier Dorian Receanu con Sandu durante il giuramento (Keystone)

Il sacrificio di Natalia Gavrilita, la prima ministra silurata il 16 febbraio, era calcolato. Ora al suo posto c’è Dorin Recean, un politico di lungo corso, messo appena tre ore dopo l’uscita di Gavrilita: una mossa che denota nervosismo, ma anche una strategia studiata in partenza. Lasciare il Paese senza governo in questo momento era un rischio che non ci si poteva permettere. Il nome di Recean serviva a calmare i bollori di un Paese che ritiene il partito al potere e la politica in generale troppo vicina all’Unione europea (la Moldavia, come l’Ucraina, è entrata da poco nell’orbita Ue, anche se il percorso per un’adesione resta lungo e accidentato). Ma la maxitruffa moldava del cosiddetto "Russian Laundromat" (un sistema che partiva dal riciclaggio di denaro per allargarsi a macchia d’olio fino a far elargire prestiti non coperti a società colluse) rientra dalla finestra: Recean è stato ministro dell’Interno di Vlad Filat, l’ex premier, anche lui finito nello stesso scandalo che avrebbe dovuto travolgere e affogare Shor, che invece ora prova a cavalcare l’onda alzata dal Cremlino: soldi e connivenze, spesso, arrivano più lontano dei missili. E fanno anche più danni.

Gli scontri di piazza

Mentre in Moldavia la tensione schizza alle stelle, con centinaia di manifestanti del partito filorusso Sor che sono scesi in piazza a Chisinau chiedendo le dimissioni del governo ed elezioni anticipate: alcuni hanno cercato di fare irruzione nella sede dell’esecutivo ma sono stati bloccati dalla polizia schierata in assetto anti-sommossa che ha compiuto diversi arresti prima che i dimostranti si ritirassero. "Il governo deve pagare le bollette delle persone che sono aumentate più volte per colpa delle autorità. Chiediamo anche che venga osservata la neutralità, come è scritto nella costituzione, in modo che il nostro Paese non sia trascinato in operazioni di guerra" ha detto Vadim Fotescu, un parlamentare del partito di Shor.

Il Partito d’Azione e Solidarietà, al governo, ha denunciato invece l’ennesimo tentativo di "destabilizzare la situazione", già in bilico. Recentemente era stata la presidente Sandu, su posizioni filo-occidentali, ad accusare la Russia di preparare un colpo di Stato a Chisinau per portare la Moldavia nella sua orbita. Mentre Mosca da giorni denuncia presunti piani da parte di Kiev di preparare una "provocazione", cioè una falsa invasione russa dalla Transnistria per giustificare un attacco ucraino al territorio secessionista moldavo, dove sono presenti circa 1’500 soldati russi.