Sembrano allontanarsi ancora una volta le speranze di un cessate il fuoco che consenta anche la liberazione degli ostaggi prigionieri nella Striscia
Arriva dal campo profughi di Al Mawasi, sulle dune affacciate al Mediterraneo, la storia più triste di questo Natale, un dramma purtroppo nient’affatto isolato nella Striscia. Mentre nel mondo si festeggiava la nascita di Gesù e si scartavano regali, in una tenda gelida vicino a Khan Yunis, nel Sud di Gaza, la piccola Sila moriva di freddo, avvolta in un sudario bianco e stretta alla mamma che, con il poco latte del suo seno, cercava di calmare il pianto della neonata.
Sila era nata solo da tre settimane e dopo l’ennesima notte sotto una tenda, riscaldata solo dai corpi dei genitori, “al mattino – ha racconta all’Ap il padre Mahmoud al-Faseeh – era priva di sensi, come un pezzo di legno”, il piccolo faccino e le labbra livide. La sua tragica storia non è l’unica nel secondo inverno che Gaza vive sotto le bombe israeliane.
Così, mentre sembrano allontanarsi ancora una volta le speranze di un cessate il fuoco che consenta anche la liberazione degli ostaggi prigionieri a Gaza, le operazioni di Israele nella Striscia non si fermano. La tv palestinese Al-Quds ha denunciato che cinque suoi giornalisti sono stati uccisi in un raid su Nuseirat, nel centro dell’enclave. L’Idf ha ribattuto di aver effettuato un attacco contro un “veicolo” con a bordo “una cellula terroristica della Jihad islamica”.
Le famiglie israeliane combattono invece per veder tornare a casa i loro familiari. Un gruppo di parenti di 20 ostaggi ancora detenuti a Gaza ha scritto al primo ministro Benjamin Netanyahu e ai ministri del governo accusandoli di “violare il loro obbligo legale di salvare” i loro cari non firmando un accordo per garantirne il rilascio. E hanno avvisato il governo che presenteranno ricorso alla Corte Suprema se non saranno presi provvedimenti. I negoziati, però, stentano. Hamas e Israele, dopo le speranze dei giorni scorsi, si accusano a vicenda di aver bloccato le trattative: il movimento islamista palestinese ha criticato lo Stato ebraico per aver posto “nuove condizioni” sul tavolo dei colloqui indiretti in corso a Doha da diversi giorni, sotto l’egida di Qatar, Egitto e Stati Uniti; mentre Israele ha imputato ad Hamas i “nuovi ostacoli” al negoziato.
Nel frattempo, come annunciato, il governo israeliano ha intensificato i suoi attacchi in Yemen e ha bombardato, secondo quanto fatto sapere dall’Idf, le “infrastrutture utilizzate dal regime terroristico Houthi per le sue attività militari” presso l'aeroporto internazionale di Sana’a; le centrali elettriche di Hezyaz e Ras Kanatib e le infrastrutture nei porti di Hodeida, Salif e Ras Kanatib sulla costa. Almeno 4 i morti, secondo gli ex ribelli yemeniti. Ha rischiato la vita anche il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che era all’aeroporto di Sana’a e stava per imbarcarsi.