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‘Cavalli di razza’, confermate condanne a oltre 16 anni

La sentenza della Corte d'Appello di Milano riguarda il filone con rito ordinario dell'inchiesta sulla penetrazione della 'ndrangheta nel Comasco

Immagine di archivio
(Depositphotos)
21 ottobre 2024
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La Corte d'Appello di Milano ha confermato le condanne dell'aprile del 2023, fino a 16 anni e 10 mesi di reclusione, nel filone con rito ordinario del processo scaturito dal maxiblitz "Cavalli di razza" contro la ’ndrangheta nel Comasco, coordinato dai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Milano Pasquale Addesso e Sara Ombra.

Un procedimento che nel rito abbreviato aveva già portato a oltre 30 condanne, anche in Appello, per un totale di oltre 200 anni di reclusione, con la pena più alta, più di 11 anni, per lo storico boss della ’ndrangheta in Lombardia Bartolomeo Iaconis.

Dopo la sentenza del Tribunale di Como in ordinario, la quinta penale d'Appello (giudici Vitale-Tallarida-Criscione) ha confermato 16 anni e 10 mesi per Daniele Ficarra e 16 anni per Antonio Carlino. Per Alessandro Tagliente la pena finale è stata aumentata fino a 16 anni e 4 mesi, mentre a 14 anni e 10 mesi è stato condannato Massimiliano Ficarra, commercialista e presunta mente economica della cosca di Fino Mornasco (Como). Per un imputato, assolto in primo grado, è arrivata una condanna a un anno e 10 mesi, pena sospesa. Tra gli imputati assolti nel primo grado figurava Giuseppe Iaconis, figlio di Bartolomeo.

A seguito delle indagini della Squadra mobile di Milano e della Gdf di Como, i presunti capi e affiliati al clan erano stati fermati il 16 novembre 2021 nella tranche lombarda di una maxi-inchiesta, coordinata anche dalle Dda di Reggio Calabria e Firenze. Un'indagine che aveva inflitto un duro colpo alla cosca della 'ndrangheta dei Molé-Piromalli con oltre cento misure cautelari eseguite in tutta Italia.

Dagli atti era emerso anche che Attilio Salerni e il fratello Antonio (condannati nel processo abbreviato) sarebbero stati gli esecutori di "violenze e minacce nei confronti dei dirigenti" della Spumador spa, azienda di bevande gassate finita nella morsa dei clan e per la quale era stata disposta l'amministrazione giudiziaria per infiltrazioni mafiose, poi revocata.