La misura del ministro Giorgietti permette ai lavoratori attivi in Svizzera, ma penalizzati perché fuori fascia, di non veder cambiare il proprio status
Le misure messe a punto dal ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti per armonizzare la tassazione sui redditi di alcune categorie di lavoratori frontalieri, è legge dello Stato italiano dallo scorso 9 agosto, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legge “omnibus” 113, che contiene anche altri provvedimenti. Misure che interessano alcune migliaia di frontalieri che dall'oggi al domani si erano visti esclusi dall'elenco dei “vecchi frontalieri”, per ritrovarsi fra i “frontalieri fuori fascia” a seguito del fatto che i comuni in cui risiedono non figuravano fra quelli “di frontiera”. Lavoratori da anni impiegati in Ticino, Grigioni e Vallese che erano quindi esclusi dalla tassazione prevista dall'accordo italo-svizzero del dicembre 2020, ratificato lo scorso anno e in vigore dal 1° gennaio 2024 sulla nuova fiscalità dei frontalieri che ha mandato in soffitta la convenzione del 1976, ampiamente superata in quanto il frontalierato nel corso di quasi mezzo secolo è cambiato e non di poco. Il decreto Giorgetti prevede che i frontalieri delle province di Sondrio e Brescia (non più vecchi frontalieri, per decisione delle autorità del Ticino) non saranno soggetti alla tassazione prevista per i “nuovi frontalieri”, quelli assunti dal 18 luglio dello scorso anno. Una tassazione decisamente più salata, rispetto a chi le tasse continuerà a pagare sino alla pensione solo in Svizzera.
Per i frontalieri “salvati” da Giorgetti, su pressione delle Organizzazioni sindacali di categoria che hanno portato avanti la loro battaglia assieme ai sindacati svizzeri, è prevista una imposta sul credito che di fatto annulla quanto avrebbero dovuto pagare. Le disposizioni del decreto si applicano a decorrere dal periodo d'imposta 2024. Il ministro dell'economia ha quindi messo la propria firma sul decreto di ripartizione dei ristorni dei frontalieri (97 milioni di franchi nel 2021, 107 milioni di franchi nel 2022) che rappresentano una fonte di finanziamento spesso indispensabile per molte decine di comuni, in quanto consente loro di disporre di risorse per garantire servizi essenziali. Succede così da mezzo secolo, cioè da quando Italia e Svizzera hanno firmato la prima convenzione sul trattamento fiscale dei frontalieri. L'accordo in vigore dallo scorso 1 gennaio prevede novità anche per i ristorni, la più importante delle quali è il fatto che sono a termine. Sono infatti destinati a cessare il 31 dicembre 2033. Questo non significa che i comuni di frontiera con Ticino, e Grigioni (quasi seicento) rimarranno a secco. Infatti, nell'ambito del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri è previsto un “Fondo per lo sviluppo economico e il potenziamento delle infrastrutture nelle zone di confine italo-svizzero” finanziato con le tasse pagate dai “nuovi frontalieri”, tipologia di lavoratori che occupati in Svizzera nel corso degli anni è destinata a crescere.
La firma di Giorgetti sul decreto che fissa la ripartizione dei ristorni allontana inoltre le preoccupazioni dei sindaci di frontiera. La novità di maggior rilievo della nuova ripartizione della compensazione finanziaria riguarda la percentuale di lavoratori frontalieri residenti in ogni comune necessaria per accedere direttamente ai ristorni: prima era fissata al 4% della popolazione, ora basterà il 3%. Per chi non raggiunge questa soglia continuerà ad applicarsi una suddivisione “indiretta”, ovvero i ristorni andranno alle Province e alle Comunità montane di frontiera che continueranno a farsi carico di destinarli a opere di interesse dei diversi territori. La nuova ripartizione della compensazione finanziaria accoglie la proposta avanzata dai Comuni di frontiera nel corso delle trattative per il rinnovo dell’accordo fiscale con la Svizzera. “Siamo soddisfatti per i nuovi criteri, che permetteranno a diversi Comuni prima esclusi di accedere direttamente ai fondi dei ristorni – commenta Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa, oltre che presidente dell'Associazione comuni di frontiera –. Importante anche la conferma della possibilità di utilizzare fino al 50% per le spese correnti le risorse derivanti dai ristorni fiscali assegnate ai Comuni‘’. Spesse correnti che ricordiamo debbono essere finalizzate ‘’alla realizzazione, al completamento e potenziamento di opere volte ad agevolare i frontalieri, con precedenza all'edilizia abitativa e ai trasporti pubblici‘’.