È quanto emerge da una recente indagine della Paris School of Economics. Dei 200 miliardi ‘fuggiti’ all'estero oltre 82 sono arrivati nel nostro paese
Ha conosciuto una impennata senza precedenti la fuga dei capitali degli italiani nei paradisi fiscali. Soldi non dichiarati, spesso sfuggiti alle imposte. È quanto emerge dall'indagine del ‘Global Tax Evasion Report’ di Eu Tax Observatory, gruppo di ricerca della Paris School of Economics, che ha elaborato i dati forniti dall'Ocse. L'indagine è stata illustrata nei giorni scorsi e considera solo i patrimoni finanziari, e quindi esclude gli immobili. Dall'Italia sono fuggiti all'estero 196,5 miliardi di euro, che sono andati ad aggiungersi ai 74 miliardi espatriati in precedenza. L'incremento di questa enorme massa di denaro che sfugge a qualsiasi controllo è stato del 144%. A questo proposito c’è da segnalare che alcuni analisti hanno posto l'accento sul fatto che “la massa di capitali offshore attualmente equivale all'intero ammontare del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza su cui l'Italia punta per il suo rilancio economico di lungo corso”.
A questo punto però è bene chiarire che siamo in presenza di un fenomeno globale, non di una prerogativa esclusivamente italiana. Complessivamente, secondo i dati forniti dal ‘Global Tax Evasion Report 2024’, a livello internazionale nei paradisi fiscali sono custoditi 11mila miliardi di euro, pari al 12% del Pil mondiale. Tornando ai capitali italiani fuggiti all'estero nei sei anni compresi fra il 2016 e il 2022, stando all'indagine dei ricercatori della Paris School of Economics, 181 miliardi di euro sarebbero depositati nei conti correnti offshore o impegnati in azioni, obbligazioni, fondi di investimento o polizze sulla vita. Geograficamente dei 181 miliardi di euro “censiti” di ricchezza finanziaria italiana offshore, il 45,5%, ovvero 82,6 miliardi è depositato in Svizzera, una quota del 33,8%, pari a 61,5 miliardi si trova nelle aree fiscali protette all'interno dell'Unione europea. E ancora. Il 14,6% (26,6 miliardi) in Asia e il 6% nel continente americano (11 miliardi). Nell'indagine che tanto fa discutere vengono avanzate anche alcune ipotesi. Si parla infatti di ulteriori ricchezze offshore che avrebbero alimentato un “sommerso” immobiliare, che consente di sfuggire più facilmente allo scambio automatico di informazioni tra gli Stati. Dei 15,5% miliardi di euro investiti dagli italiani in attività di real estate 7,3 miliardi sono stati impiegati in Costa Azzurra; 3,7 a Parigi; 2,7 a Londra; 980 milioni a Dubai e 140 milioni a Singapore.
A fronte di questi dati c’è chi ha osservato che la ricchezza offshore degli italiani nei paradisi fiscali è pari al 10,6% del Pil e che vale otto volte la manovra del governo Meloni, una volta e mezzo la spesa sanitaria e quasi quattro volte i fondi pubblici destinati alla scuola. La successione di questi dati fa riemergere dalla cassaforte della memoria i tre scudi fiscali di Giulio Tremonti. I primi due nel 2001 e nel 2002, il terzo tra il settembre 2009 e l'aprile 2010. Una ottantina di miliardi di euro il totale dei capitali emersi. Oltre la metà dei quali rimpatriati, mentre gli altri regolarizzati. Dei 43,3 miliardi rimpatriati con i primi due ‘scudi’, oltre la metà (25,14 miliardi) seguì un percorso molto breve: una cinquantina di chilometri da Lugano a Milano. Insomma, dal Ticino alla Lombardia. C'è chi sospetta che nel corso degli anni i capitali a suo tempo rimpatriati hanno percorso lo stesso tragitto, ma in senso inverso.