Confine

Fare la spesa a Como è sempre più caro: +11,1%

Le vendite nei negozi di alimentari e nei supermercati comaschi sono in continuo calo, anche a causa della forte diminuzione dell’affluenza di ticinesi

Andare oltreconfine conviene meno?
(Ti-Press/Archivio)
4 ottobre 2022
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A Como corre l’inflazione e a risentirne maggiormente è il ‘carrello della spesa’, quello che si riempie con i beni di consumo di prima necessità che le famiglie acquistano quotidianamente. O meglio acquistava. Infatti, le vendite nei negozi alimentari e nei supermercati comaschi sono in continuo calo, confermando una tendenza generale. Le vendite in riva al Lario diminuiscono anche perché, nonostante il traino del pieno di benzina, sempre più conveniente (a Como il prezzo medio della benzina è di 1,75 euro al litro) è in forte calo l’affluenza delle massaie ticinesi. Questo sostengono le associazioni dei commercianti e i responsabili dei supermercati che nel corso degli scorsi anni nei comuni comaschi della fascia di confine (è così anche nelle altre province di frontiera) sono sorti come funghi, per richiamare la clientela ticinese.

I beni di prima necessità non costavano così tanto dal 1983

A complicare il tutto è innanzitutto la crisi energetica e l’aumento delle bollette, che ridimensionano la capacità di spesa delle famiglie, che si trovano davanti a una drammatica scelta: pagare luce o gas o fare la spesa, sempre più costosa, per via dei continui aumenti. Basti dire che a Como l’aumento ‘del carrello della spesa’ a settembre è stato stimato nell’11,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, segnando così un dato storico: i beni alimentari e di prima necessità non costavano così tanto dal 1983. Il dato proviene dall’Istat che paragona la situazione attuale a quella di 40 anni fa: "È necessario risalire a luglio 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +12,2%) per trovare una crescita dei prezzi del ‘carrello della spesa’, su base annua, superiore a quella di settembre 2022 (+11,1%)". La nuova accelerazione dell’inflazione non è legata solo ai beni energetici – come si legge sul sito dell’Istat – quanto piuttosto ai beni alimentari, seguiti dai servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona.