Confine

Valmorea, centinaia di persone al tributo per don Renzo Scapolo

Sabato pomeriggio si è celebrata l’intitolazione del ‘Parco dell’accoglienza’ dedicato all’ex parroco di Caversaccio tra ritratti e testimonianze

L’effigie del don e del suo operato

Sono contenuti all’interno del murales di Vittorio Mottin, pittore di Como, inaugurato sabato pomeriggio a Valmorea in occasione dell’intitolazione del ‘Parco dell’accoglienza don Renzo Scapolo’, alcuni dei momenti più significativi vissuti dal ‘sacerdote dei migranti’.

Una croce formata da quattro schegge di granata

Ma ciò che colpisce è la croce al collo dell’ex parroco di Caversaccio, comune a due passi dal confine con il Mendrisiotto. Una croce formata da quattro schegge di granata lanciata nei pressi della chiesa di Mostar, mentre un gruppo di bambini all’uscita del catechismo stava attraversando il piazzale. Don Renzo, che assieme ad alcuni sacerdoti si trovava a Mostar, si recò sul posto. Per non dimenticare quanto assurda sia una guerra, raccolse quattro schegge e chiese al fabbro e amico Venerino Graziato di saldargliele a forma di croce. Tutto questo durante la tragica guerra in Bosnia.

L’immagine di don Renzo Scapolo, con al collo la croce formata dalle quattro schegge della granata è stata voluta dal Comune di Valmorea e inaugurata sabato dal sindaco Lucio Tarzi e dall’associazione ‘Sprofondo’. Un’effigie che accoglie i frequentatori del ‘Parco dell’accoglienza’, negli ampi giardini delle scuole e della palestra a memoria del sacerdote a cinque anni dalla sua morte.

La testimonianza di don Renzo Beretta

Sul luogo, sabato pomeriggio, è stata celebrata una messa, alla presenza di diverse centinaia di persone, molte delle quali provenienti dal Canton Ticino. Il concelebrante è stato don Giusto della Valle, parroco di Rebbio, responsabile della Pastorale dei migranti della Diocesi di Como, che ha raccolto la testimonianza lasciata da don Renzo Beretta, parroco di Ponte Chiasso. Quest’ultimo, nella canonica, aveva dato vita al primo (e unico) centro svizzero per rifugiati. Don Renzo Scapolo, che era già conosciuto nei comuni dell’Olgiatese, aveva invece cominciato a imporsi all’attenzione pubblica nazionale nel 1989 con l’ondata di profughi dal Libano.

‘Un esempio di dinamica creatività’

Nelle parole di don Renzo Beretta ha riecheggiato quanto accaduto allora: «Valmorea si trova a due chilometri dalla frontiera, i profughi libanesi tentavano di andare in Svizzera richiamati dall’esperienza di sessanta di loro che erano stati accettati a lavorare lì. La notizia si era diffusa in Libano e si è quindi innescata una processione, come le grandi migrazioni di zebù in Africa. Dal settembre 1989 all’agosto 1991 da Valmorea sono passati duemila libanesi. Il paese allora contava mille abitanti. Questo vuol dire – ha proseguito la testimonianza del parroco –, che c’erano profughi dappertutto: nella casa parrocchiale, in sacrestia, nel seminterrato, nel centro giovanile». In chiesa, mettendo gli ottanta banchi a due a due, furono ricavati quaranta letti. «Un esempio – ha sottolineato nel corso dell’omelia don Giusto della Valle –, di dinamica creatività che ha sempre caratterizzato l’azione di don Renzo Scapolo a favore degli ultimi. Il sacerdote dei profughi, vedeva lontano prima di noi». Una memoria feconda, quella di don Scapolo, da non dimenticare.

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