Lo hanno stabilito i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano, dov’è in corso il processo di secondo grado dopo la condanna all’ergastolo
Perizia psichiatrica per Ridha Mahmoudi, il cinquantaduenne tunisino che il 15 settembre 2020 con una quindicina di coltellate, per lo più all’addome, in piazza San Rocco a Como, ha ucciso don Roberto Malgesini, il prete degli ultimi, nel momento in cui si apprestava a fare il giro della città per consegnare ai senzatetto la colazione. Lo hanno deciso i giudici della Prima sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Milano dove è in corso il processo di secondo grado nei confronti del tunisino che lo scorso anno a Como è stato condannato all’ergastolo. I giudici milanesi hanno accolto la richiesta della difesa – rappresentata dall’avvocato Sonia Bova del foro di Lecco – che senza successo in primo grado aveva più volte chiesto di sottoporre il suo assistito a una perizia psichiatrica.
Il quesito posto ai periti (i dottori Mara Bertini e Marco Lagazzi che inizieranno i lavori il 6 luglio presso il Servizio clinico forense di Milano alla presenza del consulente di Mario Pigazzi) è di valutare se Mahmoudi sia "affetto da patologia psichiatrica tale da compromettere – escludendola del tutto o diminuendo grandemente – la capacità di intendere e di volere al momento del fatto" e se, l’imputato sia "affetto da disturbo della personalità" e se sia "persona socialmente pericolosa". La difesa anche in sede di "appello" è tornata a sostenere che Mahmoudi – presente nell’aula dove si celebra il processo – "non deve stare in giudizio", in quanto non processabile. I periti e il consulente di parte incontreranno nel carcere di Monza dove è rinchiuso il cinquantaduenne tunisino. Le conclusioni della perizia psichiatrica destinata a definire il futuro dell’uomo (reo confesso) ha ucciso il sacerdote, un "martire della carità" (così papa Francesco) saranno depositate in occasione della prossima udienza, fissata per metà ottobre. I familiari del sacerdote valtellinese (i genitori e tre fratelli) nel processo d’appello non si sono costituiti Parte civile. "Quello che volevamo era il riconoscimento simbolico dell’euro di risarcimento e la condanna, ottenuti nel processo a Como" hanno fatto sapere.