Nella missiva al governatore della Lombardia vengono evidenziati i problemi dell'ospedale. Tra questi la mancanza di personale sanitario
“Servono fatti a dare valore e dignità alla politica e non le parole rubate a papa Francesco”. È quanto sta scritto in una lettera inviata al presidente Attilio Fontana da un gruppo di infermieri del pronto soccorso dell’ospedale di Varese che, con la seconda ondata di Covid-19, è fra le province lombarde più colpite dalla pandemia. La missiva è una risposta al messaggio che lo stesso Fontana aveva mandato ai sanitari per manifestare la sua vicinanza nella lotta al Coronavirus. “Siamo gli infermieri e gli operatori socio sanitari (Oss) del pronto soccorso della ‘sua’ Varese. Abbiamo letto con smarrimento le sue affermazioni profondamente stridenti con la realtà̀ che viviamo tutti i giorni e maggiormente in questo periodo di emergenza pandemica. Una simile lettera poteva essere l'esortazione ad affrontare la prima inattesa pandemia. Alla seconda ondata avremmo voluto trovare una sanità̀ riorganizzata e preparata” scrivono gli infermieri, che dalla politica dicono di aspettarsi “fatti e non parole”.
Il primo problema che gli infermieri evidenziano è la mancanza di personale sanitario che li costringe a fare turni estenuanti e a saltare i riposi tra un turno e l’altro. “Ci saremmo aspettati che il numero di operatori sanitari, già in carenza cronica, fosse tempestivamente adeguato e formato; che i posti letto fossero incrementati per far fronte all'emergenza, ma anche per consentire la prosecuzione delle ‘normali’ attività; e che i lavori strutturali necessari alla tutela degli utenti e degli operatori fossero preventivamente ultimati. Siamo invece a rappresentarLe come gli operatori sanitari siano oggi, in piena emergenza, in fase di assunzione e formazione e, nonostante ciò, non riescano a essere in numero adeguato essendo perciò costretti a effettuare turni da 12 ore lavorative oltre che a saltare giorni di riposo”.
Concludono i lavoratori: “L'organizzazione della sanità lombarda non può basarsi solo sulla abnegazione di medici, infermieri e oss. Non crede sia giunto il momento che la politica si assuma le sue responsabilità garantendo una sanità pubblica sicura ed efficiente per cittadini e operatori? Comunque La rassicuriamo, in “questa lotta” noi ci siamo sempre stati e sempre ci saremo, indipendentemente dal Suo appello”. Una lettera che al governatore lombardo deve essere andata di traverso anche perché arrivata dalla sua Varese.