laR+ America a pezzi/10

Il Delta del Mississippi e il patto col Diavolo

A Clarksdale e dintorni: blues, incroci stradali, tempi lenti e storie inventate che hanno dato vita alla musica che oggi conosciamo

Il Diavolo e Robert Johnson
(R.Scarcella)
23 settembre 2024
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Tra le città che hanno fatto l’America ce n’è una che si può a malapena definire tale: Clarksdale, Mississippi. Stando all’ultimo censimento ci vivono quasi 15mila persone, eppure, quando arrivi, sembra che stiano tutti giocando una gigantesca partita a nascondino. È uno di quei posti in cui, quando cammini, puoi sentire il rumore dei tuoi passi o distinguere il ronzio delle mosche, una a una, o il fruscio dell’erba mossa dal vento. Di giorno funziona così, mentre la sera è un’altra cosa. Ma alla sera non ci siamo ancora arrivati.

Highway 61

A Clarksdale c’è un incrocio stradale che è una sorta di big bang che più americano non si può, è il luogo in cui si è svolta una storia che è stata più volte raccontata, sempre un po’ diversa, ma che non è mai successa. Un fatto inesistente che però è il mito fondante di tutta la musica che abbiamo ascoltato, ascoltiamo o ascolteremo, da B.B. King a Taylor Swift, dai Beatles a Billie Eilish: è la storia di un musicista che non sapeva suonare e di un patto col diavolo, stipulato ovviamente a mezzanotte (quando sennò?), all’incrocio tra la Highway 61 e la Highway 49. Sì, quella Highway 61 cantata anche da Bob Dylan (“Highway 61 Revisited” è uno dei suoi album-capolavoro, aperto da “Like a Rolling Stone”), la strada del Blues. Arrivano in pellegrinaggio da tutto il mondo per attraversarla e sentirsi raccontare, sempre un po’ diversa, la storia di Robert Johnson, morto ad appena 27 anni in circostanze misteriose e mai chiarite. Di lui ci restano 59 registrazioni, 29 canzoni e due-tre foto, sempre quelle. Si dice che vendette l’anima al diavolo per suonare il blues meglio di tutti. Ma poi il diavolo è venuto a prendersela in fretta quell’anima.


R. Scarcella
Un murale dedicato al blues a Clarksdale

Robert Johnson, l’archetipo del bluesman, è anche la prima rockstar maledetta di un mondo in cui il rock non esisteva ancora, capostipite di una lunga schiera di artisti morti proprio a 27 anni, e che va da Jim Morrison a Janis Joplin, da Kurt Cobain a Amy Winehouse. Tra loro, c’è anche Jimi Hendrix, colui che il blues lo fece letteralmente bruciare con la sua chitarra in fiamme. Del blues Hendrix diceva: “It’s easy to play, but hard to feel”. Ovvero, “è facile da suonare, ma difficile da sentire”. Sentire dentro intendeva. Capirlo davvero fino in fondo.

La doppia vita di una cittadina

Per capirlo almeno un po’ più a fondo, e per capire di più l’America, Clarksdale e tutto il Mississippi sono una tappa obbligata. Qui c’è qualcosa che è riuscito miracolosamente a sfuggire a tutto quello che rende gli Stati Uniti eccessivi e caciaroni. Niente grattacieli, pochi neon, poco rumore, solo quello delle chitarre quando scende la sera e la gente finisce la partita di nascondino per riempire locali che di giorno, per la maggior parte, non sembrano solo chiusi, ma abbandonati da anni e per sempre. E invece la sera rivivono, come il mito di Robert Johnson e del diavolo. Si suona praticamente ovunque, e per annunciarlo non ci sono i maxischermi, ma bastano delle scritte a pennarello su pannelli di legno che sembra debbano fare anche loro un patto col diavolo per restare semplicemente in piedi.


R. Scarcella
Un po’ Clint Eastwood, un po’ Hazzard

Guardarsi in faccia

È un’America che non ha paura di guardarsi in faccia: infatti molti musicisti ormai noti e riveriti, talvolta sotto mentite spoglie, vengono a esibirsi qui e negli altri Paesi del Delta del Mississippi, forse per ricordarsi di “sentire" il blues, come diceva Hendrix, e non solo suonarlo. Nella piccola Clarksdale è morta “L’imperatrice del Blues”, Bessie Smith, ed è nato uno dei più grandi soulmen di sempre, Sam Cooke, anche lui morto giovane – a 33 anni – e anche lui come Johnson in circostanze mai chiarite (si sa solo che furono tre colpi di pistola a ucciderlo, ma non si è mai capito davvero da dove arrivassero. L’amico Mohammed Ali alla cerimonia funebre disse: “Se Cooke fosse stato Frank Sinatra o uno dei Beatles starebbero ancora investigando”).

Il Mississippi è un mondo di tempi lenti e di gente che ha sposato quella lentezza, perché fa caldo e perché forse hanno capito che la fretta non è poi così necessaria. Almeno non lì, dove si vive ancora negli shotgun shack, le vecchie casette di legno con il patio nate nell’Ottocento. Entrarci dentro è come fare un salto nel tempo. E ogni casa sembra avere un magnetismo irresistibile, simboleggiato da oggetti che non dovrebbero essere lì dove sono, ma nel passato. Ti attirano come se avessero tutte una storia imperdibile, probabilmente falsa, da raccontarti.


R. Scarcella
Uno shotgun shack

Il Re, Indianola, gli spagnoli

A Indianola, dove è nato – e dove ora è sepolto – il Re del Blues, B.B. King, c’è un museo a celebrarlo. Un museo piccolo, perfetto, dove c’è tutto, niente di meno e niente di più di quel che serve. Simbolo di una misura e di una morigeratezza che a queste latitudini sembra sacra. Al Betty’s Place, il piccolo ristorante a conduzione familiare consigliato nella biglietteria del museo c’è uno di quei personaggi che pare uscito da un film: affabile, diretto, curioso, ma mai invadente. Si chiama Mike e sarà protagonista di un siparietto al limite dell’assurdo quando, in un locale strapieno di scritte sui muri, non riesce a farsi capire da un gruppo di spagnoli a cui vuol far scrivere qualcosa nemmeno dando loro un pennarello in mano e mostrando i muri scarabocchiati. Servirà la traduzione. Gli spagnoli poi si scusano, dicono – rigorosamente in spagnolo – che non capiscono mezza parola d’inglese, ma che sono arrivati fino lì per la musica. Quella la capiscono. Dimostrando, una volta di più, come a volte ridurre tutto all’essenziale, come fa il blues, sia sempre la miglior scorciatoia per portare gli altri a sé, per comunicare. Più percorri questa terra di lunghi silenzi e più capisci perché proprio qui sia nata un’arte a cui bastano un paio di note improvvisate (senza spartiti, perché coloro che inventarono e poi tramandarono il blues andavano un po’ a memoria e un po’ a sentimento) per riempire vuoti tra e dentro le persone.


R. Scarcella
Una barista di un locale si rilassa

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