Diner, film iconici, pollo piccante, football, grandi concerti e musica di strada. Nashville e il Tennessee sono lo specchio di un Paese sempre più diviso
Dietro di me, all’interno di un parco enorme, c’è una replica del Partenone in scala 1:1. Davanti c’è un laghetto e un cartello con scritto “Divieto di pescare le testuggini” e poco più in là un tizio con la canna da pesca che ha appena tirato su una Snapper Turtle, tartaruga il cui morso può staccarti un dito. E che, come dice il cartello, non potresti pescare.
La scena, già surreale, diventa grottesca quando mi passa accanto una ragazza con al collo un serpente giallo. Si chiama Danji, il serpente. La ragazza si chiama Kate: dice che Danji è ancora giovane, si nutre di topi, ed è dolcissimo. Non è “per nulla pericoloso” e posso toccarlo se voglio, ma non voglio.
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La copia del Partenone di Nashville
Siamo a Nashville, un luogo che è molto più America delle città che i turisti europei di solito vanno a vedere. “Nashville” è anche il nome di un film di Robert Altman, uno di quelli che definiscono l’America (e infatti si trova nella lista dei cento film più importanti dell’American Film Institute e una copia è conservata nella Biblioteca del Congresso). La scena finale si svolge proprio al Partenone e nella classica trama a intreccio alla Altman c’è anche un candidato fittizio e populista alla presidenza, tal Hal Phillip Walker, che non vediamo comparire mai. Il suo slogan è “New roots for the Nation”. Sono le presidenziali del 1976, quelle del dopo-Watergate che il democratico Jimmy Carter poi vincerà contro Gerald Ford.
Diciassette elezioni dopo, il volto del candidato populista e il suo slogan nazionalista sulle radici (“Make America Great Again”) lo conosciamo tutti. Nashville invece resta qualcosa di evocativo, ma sfocato. Eppure si tratta di un concentrato d’America tra i più puri, nel bene e nel male. È la capitale del country, che è la vera musica dell’America bianca, piena di idoli che Oltreoceano il grande pubblico non conosce. Nomi come Garth Brooks, Merle Haggard e Tim McGraw suonano negli Usa familiari quanto Bob Dylan o Bruce Springsteen. Anche Taylor Swift, cantante-icona del momento, proviene dal country.
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Murale con le grandi icone del country
Ogni anno a Nashville arrivano centinaia di “singer-songwriter” per il più grande festival per cantautori del Paese, il Tin Pan South. E praticamente ogni sera c’è un grande concerto nelle due mitiche sale della città, il Grand Ole Opry e il Ryman Auditorium. A Nashville ci sono la Country Hall of Fame, con il suo museo extralarge, e gli studios della Rca che hanno ospitato il meglio della musica a stelle e strisce: B.B. King, Dolly Parton, i Beach Boys, Willie Nelson, Joe Cocker… Qui Elvis Presley ha registrato circa 200 brani, e in uno degli studi ci sono ancora le luminarie che fece appendere per trovare un po’ di ispirazione fuori stagione mentre registrava un disco di hit natalizie.
La musica dell’America più profonda e conservatrice quindi, ma anche il re del rock ’n’ roll, colui che – si dice – inventò “le ragazze”, che prima di lui passavano direttamente da bambine a donne in età da marito senza vivere nulla nel mezzo.
R. Scarcella
Il serpente Danji e la sua padrona al Centennial Park
A Nashville, nel 1867, c’è stato il primo Congresso del Ku Klux Klan, che per quanto esecrabile è sicuramente arci-americano. E sempre a Nashville è stato inventato l’Hot Chicken, ovvero il pollo piccante. Dietro c’è anche una leggenda i cui confini con la verità non sono mai stati svelati. L’Hot Chicken, che oggi va per la maggiore, sarebbe nato infatti come un dispetto, all’inizio degli anni Trenta, quando la moglie di un certo Thornton Prince gli preparò una panatura extrapiccante perché convinta che l’uomo stesse avendo una relazione extraconiugale. Al posto di andargli di traverso, la panatura a Prince piacque moltissimo. Di lì a poco, la coppia decise di aprire il Prince’s Hot Chicken Shack, che ancora esiste dopo quasi un secolo, anche se gli appassionati ormai preferiscono quello di Hattie B’s, che però non è in centro. E qui viene fuori la divisione netta di Nashville: a Broadway e nei suoi bar, perlopiù eccessivi, chiassosi e di qualità infima nel cibo e nelle bevande, ci sono i turisti, mentre la gente del posto cerca ossigeno e pollo fritto altrove.
In città gioca ormai da qualche decennio anche una squadra di football americano, i Tennessee Titans. Altra cosa molto americana, i Titans prima giocavano in Texas e si chiamavano Houston Oilers, con una loro storia, un loro tifo, delle radici. Poi però a Houston non si facevano abbastanza soldi col football e in Tennessee si sono comprati tutto: nome, radici e tutto quanto, portando la squadra prima a Memphis e infine a Nashville.
R. Scarcella
Il pollo piccante di Hattie B’s
A una ventina di minuti di auto da Nashville c’è anche uno dei diner più amati dagli americani (e cosa c’è di più americano di un diner?), il Loveless Cafe, un tempio delle colazioni salate e dolci. Con gente che parte apposta da ogni angolo del Paese pur di ordinare almeno una volta i leggendari biscuits o le omelette giganti degne di Obélix. Entri e sembra di essere in un telefilm, ma è il contrario, sono i telefilm che vengono qui a imparare come funziona un diner, per imitarlo meglio in tv.
Nashville e il Tennessee, lo Stato di cui è capitale, sono a loro modo un laboratorio politico, un caso di studio. Nashville infatti non ha mai avuto un sindaco repubblicano, l’attuale primo cittadino Freddie O’Connell è considerato un progressista dell’ala più radicale e nelle elezioni precedenti, quelle del 2019, il secondo turno è stato direttamente tra due candidati vicini ai democratici (vicini perché Nashville ha una particolarità, i candidati sindaco possono essere appoggiati da partiti, ma non ne possono fare parte, sennò sarebbero ineleggibili), senza un repubblicano. Una specie di anomalia, come un’anomalia, rispetto al resto dello Stato, è stato il voto per Biden nel 2020. La contea di Davidson, quella che al suo interno contiene Nashville, è stata infatti solamente una delle tre in cui hanno vinto i democratici su un totale di 95 contee. I repubblicani qui spadroneggiano dal 1996 (l’ultimo dem a conquistare il Tennessee alle presidenziali è stato Bill Clinton nell’ormai lontano 1992), con un record nella contea di Scott, dove Trump quattro anni fa prese l’88,42%, una percentuale da dittatore caraibico.
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Nashville Skyline