È quanto emerge da un seminario dell'Associazione bancaria ticinese, utile per capire meglio le ragioni – giuste e sbagliate – dell’ottimismo finanziario
‘Borse ai massimi, euforia giustificata?’ Se lo chiede il titolo del seminario online tenuto ieri dall’Associazione bancaria ticinese, anche se forse è un po’ troppo presto per trovare risposte definitive. Di sicuro, ultimamente i mercati mondiali hanno visto quotazioni inedite, inanellando record su record. Una sbornia collettiva destinata a lasciare postumi pericolosi? Per Antonio Mele, il quale ha ricordato tra l’altro come tassi di interesse bassissimi e timori di ‘bolle’ speculative precedessero già la gelata pandemica. Intanto, se è vero che l’accesso al credito è solido e il differenziale tra il debito pubblico dei vari Paesi europei – il famigerato ‘spread’ – scende, si trascinano gli squilibri strutturali tra centro e periferie d’Europa. «Si è spenta la luce per quasi due anni, ora dobbiamo riaccenderla: ma non sappiamo ancora con certezza cosa succederà», ha commentato Mele.
È toccato infine a Fabio Bossi, delegato della Banca nazionale (Bns) per la Svizzera italiana, fornire una lettura istituzionale: Bossi ha ricordato l’impegno della Bns per stabilizzare i tassi di cambio, con un «massimo storico» di investimenti in valute: 110 miliardi di franchi. Allo stesso tempo la banca centrale ha sostenuto la liquidità per i crediti Covid, senza però invadere il campo degli istituti privati nell’erogarli e della Confederazione nel garantirli.
Ora tutti si chiedono se dobbiamo aspettarci una ripresa dell’inflazione e un conseguente rialzo dei tassi d’interesse. Secondo Ambrogi non bisogna lasciarsi spaventare dal salto in alto dei prezzi, visto che il confronto con la ‘primavera perduta’ dell’anno scorso esagera le differenze. Dovrebbe riassorbirsi almeno la parte occasionale di tale salto: quella dovuta al disallineamento tra la domanda – esplosa nell’euforia post-lockdown – e l’offerta, frenata invece da alcuni colli di bottiglia nelle filiere produttive globali. Per il professor Mele l’inflazione di lungo periodo potrebbe essere sì affrontata dalle banche centrali con un rialzo dei tassi d’interesse, per evitare un surriscaldamento eccessivo, ma questo non sarebbe necessariamente un male per la solidità dei mercati finanziari. Mele è stato infine relativamente ottimista sul futuro del debito pubblico, specie in Svizzera. RED