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O è Disneyland o è panico

Il documentario ‘Iddu’ della regista svizzera Miriam Ernst racconta l’isola di Stromboli e il suo difficile rapporto col vulcano. E con il turismo

30 ottobre 2024
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La parola “overtourism” solo adesso si sta facendo strada nei dizionari della lingua italiana – affiancata ai per ora minoritari “sovraturismo” e “iperturismo” –, ma il fenomeno ha una storia ben più lunga, con casi noti agli studiosi di turismo come la Costa Brava in Spagna, ai quali si sono recentemente aggiunti gli effetti degli affitti di breve durata sul mercato immobiliare delle città d’arte. Ma l’idea di un impoverimento del tessuto economico e sociale di una comunità rischia comunque di rimanere astratta e lontana.

Uno dei pregi del documentario ‘Iddu – Racconti dell’isola’ di Miriam Ernst è proprio quello di dare concretezza a questa idea, mostrando come il turismo possa trasformare anche un luogo con una identità forte e apparentemente inamovibile, in quanto dominata da uno dei vulcani più attivi al mondo. Parliamo di Stromboli, con il suo vulcano soprannominato, appunto, “Iddu”, “Egli”. Solo che quel nome nato come segno di rispetto è adesso un brand turistico, le frequenti eruzioni sono lo sfondo per foto da condividere sui social media mentre ci si lamenta che il bed and breakfast che propone solo prodotti locali ha poca varietà per colazione.

A questo piccolo aneddoto se ne potrebbero aggiungere molti altri, come la moglie che prosegue l’escursione nonostante l’infortunio del marito, chiamando poi il medico di paese per chiedere se l’elicottero può aspettare il suo ritorno prima di trasportare il ferito in ospedale. Ma insistere su queste e altre storie potrebbe dare l’impressione che ‘Iddu’ sia una specie di riedizione incentrata sui turisti di ‘I mostri’ di Dino Risi con i suoi ritratti di ordinaria disumanità. Ma non è questo lo scopo della regista che mantiene il racconto incentrato sull’isola e i suoi abitanti: i turisti servono appunto per comprendere la vita su un’isola che da decenni dipende da un turismo sempre più di massa. E infatti li incontriamo, i turisti, solo nei discorsi degli isolani e in alcune scene in campo lungo o fuori fuoco, di fatto trattandoli con la stessa indifferenza che loro dedicano a un luogo che considerano una meta turistica tra le tante. Una spersonalizzazione funzionale al film, ma che forse si spinge un po’ oltre, soprattutto quando ascoltiamo uno degli abitanti usare in continuazione la parola “barconi”, richiamando un’altra categoria di persone che, in condizioni decisamente più precarie di chi visita le Eolie per una gita, affronta un ben peggiore processo di deumanizzazione.

Comanda lui

Il film è invece ben attento a non cedere alla nostalgia per un passato idealizzato e mai esistito: prima del turismo Stromboli non conosceva una mitica età dell’oro, ma l’asprezza di un’economia di sussistenza che dipendeva dall’attività del vulcano. Nel bene e nel male: la lava che rende particolarmente fertile il terreno è anche in grado, con una eruzione più violenta del solito, di distruggere in un attimo piante e campi che ci metteranno anni a tornare produttivi. Le emigrazioni del passato non erano per paura del vulcano, ma perché per diverso tempo l’isola avrebbe dato solo erba da mangiare: una miseria raccontata dalla regista con semplice realismo, senza discorsi sulla natura benigna e matrigna. Anche perché non è che il turismo abbia posto fine a questa incertezza: il vulcano, Iddu, continua a comandare e la violenta eruzione dell’estate del 2019 ha portato – oltre a un escursionista morto al quale nel film neanche si accenna – alla conclusione improvvisa della stagione turistica, con gli effetti che è facile immaginare. “O è Disneyland o è il panico” riassume uno degli abitanti, auspicando una progettualità per l’economia dell’isola che la sappia preservare da quell’iperturismo che non è più un discorso astratto e teorico, magari infarcito dalla facile retorica sull’identità e l’autenticità.

Il documentario della regista bernese Miriam Ernst sarà proiettato, nell’ambito della rassegna Let’s Doc!, al Cinema Rialto di Locarno con anteprima, venerdì 1º novembre alle 20, alla presenza della regista e del direttore della fotografia Stefano Bertacchini; sono inoltre previste delle proiezioni al Cinema Iride di Lugano.